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3 Mar 2013

Bisogna agire bene e subito

Siamo di fronte al disastro, alla desertificazione della sinistra.
Ci sono numeri terribili,  che rappresentano la dimostrazione plastica del fallimento
Il  voto giovanile è andato a Grillo per più del 40%, lasciando le briciole alla sinistra (PD + SEL al 12% scarso, ad essere buoni e, incredibilmente, il 21% a Monti).
Mai nella storia repubblicana, mai nella storia della sinistra italiana – senza avventurarsi fuori dei confini per carità di patria – il consenso tra i giovani è stato così scarso tanto da essere ridotto ai minimi termini.
I milioni di giovani (1.400.000 solo quello fino a 25 anni) che hanno votato Grillo, hanno rifiutato la logica del pochino (un pochino di più di equità, un pochino di più di giustizia sociale, un pochino di più di qualsiasi cosa); ma non lo hanno rifiutato in nome di un “tutto e subito”, di una logica magari tardo edonistica che cerca un benessere tutto personale.
Questi fanno fatica ad individuare un futuro non a 10 anni ma a 2 anni, a 6 mesi. Perché, banalmente, hanno spesso parenti o genitori precari, o sull’orlo del licenziamento, o con una pensione da fame e loro stessi, se hanno già un titolo di studio soffrono – il più delle volte – la precarietà di un lavoro a termine, sottopagato e “sotto botta”  di una espressa rinuncia ai diritti sindacali per aver la speranza di essere riconfermati, se invece stanno ancora studiando si chiedono se ne valga la pena.
Più in generale, ha avuto un peso decisivo la impossibilità di trovare nel programma e nelle parole della coalizione di centrosinistra, soprattutto nelle parole, una possibilità, una speranza di cambiamento; riproporre pedissequamente, e forse in modo rassegnato, una relativa continuità col governo monti, evocando lo stesso monti, a più riprese, come possibile se non necessario alleato di governo, ha definitivamente spazzato via la fiducia in un possibile, allora probabile, governo di centrosinistra.
Ha prevalso la rabbia, una rabbia ancora mite e forse governabile ma per quanto??

Bisogna smetterla di parlare alla gente, al popolo, con l’aria di chi “ora spiega come stanno le cose” senza minimamente conoscerle.
Grillo ha vinto perché ha saputo interpretare la rabbia e gli ha dato un senso, in modo selvaggio, solleticando gli istinti più profondi delle persone ma allo stesso tempo costruendo un sentimento – fasullo come lui, sia chiaro – ai limiti dell’empatia con chi andava ad ascoltarlo.
A sinistra si è passati dalla descrizione di un sogno – spesso surreale – al calcolo ragionieristico. Dove la rabbia e la passione? dove l’indignazione? dove un sentimento di condivisione delle difficoltà e della disperazione?

Il compito della sinistra è riuscire ad indirizzare la rabbia verso un orizzonte possibile di crescita, dove – si, è ovvio – le proposte politiche siano all’insegna dello sviluppo, della giustizia sociale e dell’eguaglianza ma la condizione, necessaria ed ineludibile, è quella di tornare ad essere un partito di popolo e per il popolo. Bisogna capire che le primarie – magari un successo sotto il profilo della partecipazione – non sono altro che un rito, già superato, che sotto il profilo politico hanno lo stesso significato di una gita fuori porta.

Bisogna dare risposte che possano evitare che la rabbia possa passare da “mite” a “urlante” far si che si ricostruisca dalle fondamenta il rapporto dialettico e virtuoso tra popolo e partito e bisogna rilanciare il ruolo del partito come strumento per eccellenza attraverso il quale si concorre “con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (come prevede l’art. 49)  strutturandolo sul modello dei partiti socialdemocratici europei, a prescindere dal nome, dall’etichetta.

Non mi appassionano le dispute sul recupero di un nome, di una tradizione, di una “pantheon” dove per non scontentare nessuno si crea una rappresentazione di partito ai limiti del grottesco. Il dato vero è che le elezioni hanno determinato il fallimento del progetto PD e con esso il fallimento del progetto SEL, che ad essere buoni ha tenuto, avrà finalmente una sua rappresentanza parlamentare  ma è mancata totalmente nello svolgere il ruolo di rappresentante “privilegiato” del desiderio di eguaglianza e giustizia sociale che ha scelto la strada più ovvia, quella della contestazione, di fronte ad una promessa di sostanziale mantenimento dell’esistente.
La situazione è pessima, non potrebbe essere peggiore, con un miliardario a dettare i tempi della politica ed a tenerla sotto scacco, secondo la logica del tanto peggio tanto meglio.
Entro qualche mese, è quanto meno probabile che si andrà a votare nuovamente.
Per questo è necessario ripartire subito, abbandonando le cautele, dicendo chiaramente che è ora di avviare nuove politiche economiche e sociali  che mettano al centro  l’occupazione, una nuova politica industriale, investimenti nella scuola e nell’università, nella tutela e nella salvaguardia dell’ambiente, facendo a meno dei  salotti televisivi e tornando  nelle piazze, sui luoghi di lavoro, tra le persone che vivono quotidianamente una realtà che è spesso peggiore di come viene raccontata dai media.
Siamo al redde rationem: il futuro della sinistra passa dal coraggio e dalla decisione con la quale si saprà affrontare il presente. Un presente che non ci piace, che non immaginavamo neanche lontanamente ma tant’è: in politica i voti non si pesano, si contano.

Scritto da

Marco Lang

- Laureato, specializzazione in diritto ed economia delle C.E.. Funzionario di un ente pubblico. Socialista dall'età della ragione (arrivata, normalmente, intorno ai 20 anni). Ama la politica come necessità sociale, odia i politicismi e gli arabeschi. Adora il rock in tutte le sue sfumature e non capisce la lirica Socialista fino alle ossa, romanista fino al midollo. Fiero di essere figlio di un gappista