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19 Giu 2012

Bufera al comune di Napoli: si dimette l’assessore alla legalità Giuseppe Narducci

Oramai a Napoli c’è già qualcuno che ci scherza su: dopo un anno la rivoluzione  “che scassa” si è trasformata nella Rivoluzione “che si scassa”. Le dimissioni fragorose e polemiche dell’ex assessore alla legalità e alla trasparenza, Giuseppe Narducci, si aggiungono infatti a quelle non meno clamorose dell’ex presidente della municipalizzata dei rifiuti, Raphael Rossi, e dell’ex presidente del Forum delle Culture, Roberto Vecchioni, tutti ‘auto epurati’ della rivoluzione arancione di Napoli. Ovviamente si tratta di vicende molto diverse, ma  la presenza di elementi comuni indica quasi una prassi consolidata, almeno nel modo burrascoso farcito di accuse a limite dell’insulto con cui si sono consumati questi strappi. Come tra colleghi che non si sopportano, tra ex amici diventati nemici feroci, o peggio ancora, tra compagni di scuola, i due ex pm si sono lasciati andare a dichiarazioni al vetriolo, battute e repliche infuocate culminate  con una lettera in cui l’ex assessore accusa il sindaco, tra le altre cose, di aver tollerato e accettato  “comportamenti illegali organizzati esistenti in città in nome di una concezione regressiva e subalterna allo “stato di cose presenti”, lontana da una vera idea di sviluppo della città e di emancipazione degli uomini” . Il sindaco ha risposto in una nota affermando che Narducci “non ha portato nessun risultato”  né “contro la corruzione e il malaffare” né  “in merito alla lotta all’evasione fiscale” criticando persino  la  sua “la cieca intransigenza e il furioso formalismo”.

narducci

 Anche se possono sembrare un fulmine a ciel sereno, in realtà le dimissioni di Narducci sono state precedute da un lungo periodo di accuse reciproche, alternate a un detto che lasciava intravedere un non detto e a  minimizzazioni che cercavano goffamente di nascondere un conflitto insanabile addossando le responsabilità alla solita stampa nemica dell’amministrazione . Appena qualche settimana fa il sindaco aveva accusato il suo assessore di agire da solo, cercando una visibilità individuale, e rivelando persino il contenuto di un sms privato in cui Narducci lo pregava di farlo entrare in Giunta  “perché viveva probabilmente un momento di difficoltà in magistratura”. Secondo voci di Palazzo, sarebbero state proprio queste parole, la classica goccia che fa traboccare il vaso,  a spingere l’ex pm di Calciopoli a stigmatizzare il passato professionale del sindaco dichiarando che “Per la verità se c’è qualcuno che ha avuto problemi con la magistratura quello non sono io”. In realtà al di là del conflitto personale, lo scontro tra de Magistris e Narducci è molto più antico e risale probabilmente all’incompatibilità delle due anime che compongono la variegata e composita maggioranza che governa il Comune di Napoli.   Uno scontro talmente forte (presente in Giunta, nella lista di Napoli è tua e persino tra i sostenitori) che prima o poi  sarebbe inevitabilmente venuto a galla. Sin dai primi giorni infatti la presenza di un ex magistrato ha scatenato il malumore di molti sostenitori “arancioni”, preoccupati di una deriva a destra della rivoluzione a causa della sua visione di legalità considerata poliziesca e poco propensa al dialogo. A sua volta Narducci per tutto il tempo si è rivelato poco duttile e assolutamente fermo nelle sue granitiche convinzioni, incarnando a perfezione quella componente legalista, attenta ai temi dell’ordine pubblico più che alla partecipazione, che costituisce una buona fetta del popolo arancione e dei suoi eletti.

Per alcuni mesi il sindaco e i suoi fedelissimi hanno cercato di mediare tra le due anime fin quando non si è scavato un solco profondo a causa delle continue perplessità dell’assessore su alcune delle questioni più calde del primo anno di amministrazione. Dall’ostilità verso l’assunzione di 23 dipendenti in Asìa (causa principale delle dimissioni di Rossi) alla contestata ZTL, fino ai dubbi sul bilancio e sulla questione dei rapporti con Alfredo Romeo a cui il Comune, a saldo dei propri debiti con l’imprenditore immobiliare, vorrebbe affidare in concessione un’area di 45mila metri quadri per  avviare una riqualificazione urbana e per creare “un’insula” che possa autogovernarsi, gestendo in proprio alcuni servizi (ad esempio la sicurezza e la raccolta dei rifiuti) e un parcheggio sotterraneo in concessione per 90 anni.
In particolare su quest’ultima vicenda non è un mistero che Narducci abbia guidato le fila dei contrari  a intavolare qualsiasi trattativa con l’imprenditore, già  finito nel mirino di un’importante inchiesta della Procura di Napoli per i suoi rapporti con la vecchia giunta guidata da Rosa Russo Iervolino. Del resto lo stesso de Magistris, appena trasferito d’ufficio a Napoli, aveva definito in un’ordinanza Romeo “Più che un consulente del Comune di Napoli, (…)  il dominus dell’ amministrazione”.

Probabilmente anche in questo caso le vere ragioni di queste clamorose dimissioni non verranno mai chiarite del tutto. Anche questa volta assisteremo per mesi ad un scambio reciproco di accuse senza riuscire a capire se il contrasto è di natura personale, politica o amministrativa. Certamente non c’è nulla di strano che ci siano degli avvicendamenti, ma quello che lascia un po’ perplessi è che ogni volta i diretti interessati ne parlino come una questione privata circoscritta al palazzo,  quasi  un affare di famiglia. Però, se è pur vero che certi panni vanno lavati nelle mura di casa, come la mettiamo con la trasparenza e la democrazia partecipativa?

 

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