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9 Giu 2014

Contro i corrotti ripensare i partiti

Partiti Corrotti

Fra Expo e Mose di Venezia sembra emergere la diffusa sensazione che nel nostro paese, quanto a corruttela, sia rimasto tutto sempre uguale.

Una sensazione che però non è giustificata e soprattutto non è utile per almeno due ragioni: a) perché l’idea che politica e società italiana siano immorali in senso antropologico e culturale produce un moralismo autodistruttivo, e ciò che è peggio addirittura un cinismo che giustifica il “così fan tutti”; b) perché le continuità col passato (i casi di finanziamento informale o corruttivo della politica o dei politici) non giustificano l’uniformazione (l’idea che tutto avvenga da sempre in modo uguale).

Insomma: uniformare non serve a comprendere né a risolvere. Postulare, come fanno certi pseudo-esperti, che dalle vicende Expo e Mose esca confermata la necessità di una politica senza risorse significa essere moralisti apparenti e cinici reali, perché comporta accettare l’asservimento ai poteri più forti, ovvero la peggiore e meno rimediabile delle corruzioni.

L’impressione per la verità è non quella dell’uniformità storica, ma quella di una novità, e forse di un peggioramento, dovuto a partiti sempre meno radicati e sempre più leaderistici o personali.

Ciò per almeno due motivi interconnessi: perché partiti di questo tipo sono meno attrezzati per la militanza del finanziamento diffuso: le uniche vere alternative al malcostume. E poi perché si tratta di partiti in cui la linea e la cultura politica sono un dato poco (o per nulla) collettivo e contendibile. Ciò produce un risultato immancabile: ambizioni troppo spesso mosse da ragioni diverse dalla militanza e dalla passione politica. Si ha ragione di credere, guardando alla natura e alla distribuzione dei casi che emergono, che negli ultimi 20 anni il grado di malcostume e di corruttela nelle diverse organizzazioni sia proporzionale al grado di identificazione fra partito e leader.

Certo, malcostume e corruzione si verificavano anche prima degli ultimi venti anni, e avvengono, in forme diverse, anche in altri paesi. Tuttavia, appunto, non vi è uniformità storica. Un tempo il finanziamento informale della politica discendeva anche da precise scelte politiche, e anche da un’idea di interesse nazionale connessa all’alleanza fra partiti e impresa pubblica. Si trattava di un’alleanza dovuta alla necessità di promuovere uno sviluppo economico ritardato in un’economia in cui l’impresa privata era spesso incapace di farlo. E in un quadro internazionale in cui gli altri paesi non necessariamente ce lo lasciavano fare volentieri (Mattei docet). A questo si aggiungeva la cultura politica della DC: partito dei cattolici, ma indipendente dal Vaticano, partito moderato ma indipendente (più di altri partiti moderati europei) dall’interesse capitalista privato. A questo si aggiunsero i suoi alleati, tra cui spiccò il Psi. Questo, tagliato fuori dal finanziamento sovietico, non poteva nemmeno contare su quello sindacale delle socialdemocrazie europee, per l’egemonia del Pci nella Cgil e per la diversa relazione fra sinistra e sindacato vigente nel nostro paese. Per tutte queste ragioni, che sono soprattutto politiche e anche ideali, per molti decenni e almeno fino ai primi anni 1980 questo rapporto non certo ottimale, anzi sovente informale  e corruttivo, fra economia e politica convisse tuttavia con elevate dosi di idealità, nonché di diffusissimo e perlopiù disinteressato radicamento popolare. A peggiorare le cose fu soprattutto la mancanza di ricambio al governo, e quindi di controllo popolare sui limiti di decenza del sistema. L’assenza di questo limite fisiologico, non certo un destino antropologico, ha differenziato il nostro paese da molti altri. Verosimilmente proprio per questo, con la fine della guerra fredda e la diminuzione dei benefici sociali (comune a tutto l’Occidente) un malcontento diffuso fece esplodere Tangentopoli prima che la nostra democrazia ponesse mano a riforme serie. Da allora, purtroppo, una cultura politica pseudo-moderna e i modelli elettorali adottati hanno favorito organizzazioni sempre più personali e sempre meno radicate. Da cui il fatto che la ricerca illegale di risorse pare a sua volta sempre più personale e, essendo sempre più scollegata dal finanziamento della politica, oltrepassa certi livelli “fisiologici” presenti in ogni paese. Oggi è bene, come si sta facendo, seguire la via di una migliore legislazione su appalti e controlli centrali, a cominciare dal ripristino del falso in bilancio. Ma occorre sapere che senza cambiare modelli politico-partitici non basterà. Tra l’altro, la parte repressiva dei fenomeni corruttivi gode da noi già oggi di una magistratura ben più indipendente che in altri paesi: da Tangentopoli in poi ciò consente di portare alla luce fenomeni che verosimilmente altrove rimangono celati.

Occorre quindi soprattutto una legislazione e (per quanto riguarda soggettivamente il PD) una pratica che sfavorisca la politica personalizzata, e premi la militanza attiva e radicata. Appena l’attuale demonizzazione del finanziamento pubblico lo permetterà sarà bene che esso sia (oltre che limitato rispetto al passato) riformato e corrisposto in modo proporzionale alla raccolta militante di piccole somme, trasparentemente dichiarata. C’è infine un altro problema: spesso le pratiche corruttive sono motivate dalla creazione di potentati clientelari. Queste, come dice la comparazione interna all’Europa e al nostro paese, sono l’altra faccia di un mercato del lavoro sempre più precario e povero, in cui avere un lavoro sicuro spinge ad affidarsi al potente di turno. La questione sociale e un’uscita anche qualitativa dalla crisi sono centrali anche quando non sembrerebbe.

Scritto da

Paolo Borioni

- Storico, dottore di ricerca all'università di Copenaghen, collaboratore del Center for NordicStudies e dell'Università di Helsinki. Si occupa di storia dei paesi nordici, storia del socialismo, welfare state, storia delle istituzioni politiche, temi su cui ha all'attivo molte pubblicazioni e articoli. Contribuisce regolarmente alla stampa quotidiana e a riviste di dibattito politico-culturale. Tifoso della SSLazio 1900 da tre generazioni, di sinistra da quattro generazioni.