Condividi:

" />
2 Lug 2013

Cosa serve a Pompei?

Dopo l’ultimatum dell’Unesco all’Italia si è riacceso nuovamente l’interesse nell’opinione pubblica per Pompei.

Si sono battute migliaia di parole a riguardo ma sembra emergere una confusione generale nella quale si confondono i piani della discussione e indistintamente si utilizzano parole come tutela e fruizione, conservazione e turismo e il più delle volte si confrontano erroneamente i resti dell’antica città vesuviana con altri siti (spesso stranieri e quasi sempre di minore estensione) che vengono per lo più presi a esempio di fruttuosa gestione del “bene”.

Ieri il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ha dichiarato: «La cosa più importante è garantire il diritto alla fruibilità per il cittadino, il turista, l’appassionato. Che poi dà ritorni economici. Invece, guardiamo dentro e non all’utente, con la burocrazia e gli esperti che tendono a garantire la tutela e talvolta la chiusura, e i lavoratori che chiedono il rispetto dei propri diritti. Sono richieste legittime e giuste rivendicazioni, ma non devono mai andare a discapito degli utenti.»

Il Presidente Caldoloro ha utilizzato parole pericolose e inopportune, parole offensive della dignità di chi a Pompei, a tutti i livelli, ci lavora; parole che ne dimostrano la sua immensa ignoranza, o altrimenti cieca avarizia, accusando “gli esperti” di voler garantire la tutela delle strutture disponendone il divieto di accesso ai turisti; parole di immensa miopia perchè Pompei non è un parco giochi per turisti, del quale si può “fruire” finchè non si consuma, per poi gettarlo.

PompeiPompei, e tutto il patrimonio storico, artistico e paesaggistico, non è nostra e mai lo sarà: appartiene di diritto a chi ci ha preceduto e a chi ci seguirà, non l’abbiamo ricevuta in eredità, ma siamo stati incaricati dall’umanità di gestirla e conservarla per chi verrà dopo di noi. Ciò non toglie che in questo periodo possiamo ammirarla, visitarla e amarla, con la delicatezza che si riserva per l’orologio buono del nonno che dovrà andare a nostro figlio.

Ma cosa è successo negli ultimi decenni?
Perchè affreschi o mosaici, colonne e pareti, che sono stati dissotterrati durante gli ultimi tre secoli si stanno disintegrando, crollando, scomparendo proprio in questi ultimi anni?

La risposta è evidente: perchè non sono stati più tutelati come prima. Le straordinarie opere di restauro e di manutenzione messe a punto dagli operai del XIX e XX (fino a un certo periodo) sono ancora visibili sulle pareti affrescate delle case pompeiane: minimi e costanti intervento di rinsaldamento degli intonaci consentivano che ciò che era sopravvissuto alla terribile eruzione del 79 d.C. potesse vivere per un’altra generazione che ugualmente se ne sarebbe presa cura e continuava così il lavoro di tutela.

Non c’era straordinarietà o emergenza in quelle opere, ma solo una costante ordinarietà.
Era l’entusiasmo e la consapevolezza dell’enorme valore storico e culturale della scoperta che giustificava i capitali investiti in questo infinito “supplizio di Tantalo”: per ogni frammento crollato se ne andava un pezzo della nostra storia e perciò veniva riassemblato, pur con grossolani errori quando non vere e proprie truffe!

Oggi di questa attività non rimane quasi più nulla, se non gli importanti interventi di restauro, enormemente costosi e duraturi che qua e là vengono attiviti. Lavori per i quali si fanno appalti, bandi, progetti e piani di spesa. Poi succede che la ditta che ha vinto l’appalto ritarda nei lavori, oppure accade un qualunque accidente non previsto nel piano di spesa e la macchina va in panne.

A Pompei servono oggi due cose: lo straordinario e l’ordinario.

Lo straordinario è purtroppo una necessità per la quale l’Unesco ci alza il cartellino giallo: lavori di restauro e consolidamento delle grandi strutture spesso sono fermi da anni (come ad esempio la Casa dei Vettii). Per molte strutture, pitture o mosaici ormai non c’è più niente da fare.
Ultimamente ho lavorato su alcuni affreschi scoperti nel 1912, li ho studiati con amore e sono ben segnalati in quello straordinario lavoro di ricatalogazione di tutte le evidenze pittoriche che confluì nella pubblicazione tra gli anni ’80 e ’90 di quella bibbia che si intitola Pompei, Pitture e Mosaici, ebbene molti di quegli affreschi oggi semplicemente non esistono più, scomparsi per le infiltrazioni, per il sole cocente e perchè evidentemente in questi ultimi 30 anni non c’era più nessuno, nè denaro per prendersene cura.

La vera esigenza ora è l’ordinario: non voglio assistere alla messa in campo di un enorme piano di restauro se non corredato da un serio investimento nella manutenzione, perchè il più delle volte se c’è questa al restauro nemmeno bisogna arrivarci. L’indotto del turismo, il “mangiare con la cultura”, i libri, le guide, i ristoranti e i gadget devono essere considerati una conseguenza non un punto di partenza per chi ragiona sul da farsi.

E il Ministro questo lo sa, perciò non fa annunci roboanti di eroico salvataggio di Pompei. BrayIl ministro Bray sa bene che la situazione non si risolverà con un commissariamento e con una campagna di rilancio “dell’immagine”, sa bene che i miliardi di euro che servirebbero per i lavori di restauro e per almeno un migliaio di nuovi lavoratori non ci sono. Sa bene che le politiche di spreco associate a quelle di austerity uccidono lentamente un paese, la sua cultura e il suo futuro.

E quelli che vorrebbero fare di Pompei un parco giochi, o quelli che come il Presidente Caldoro accusano gli “esperti” di intralciare il via vai di turisti lo capiscano una volta e per tutte: Pompei non è a nostro uso e consumo, Pompei non è nostra, Pompei è stata di chi ci ha preceduto e di chi ci succederà in futuro.

Scritto da

Altri blogger

- La rete è grande e piena di spunti di riflessione e analisi interessanti di autori indipendenti da La Prima Pietra. Ecco, Altri Blogger è proprio il nostro contributo alla diffusione dei loro articoli!

  • devon

    Grandissima… Lucia.

  • pienne

    “Non c’era straordinarietà o emergenza in quelle opere, ma solo una costante ordinarietà.
    Era l’entusiasmo e la consapevolezza dell’enorme valore storico e culturale della scoperta che giustificava i capitali investiti in questo infinito “supplizio di Tantalo”: per ogni frammento crollato se ne andava un pezzo della nostra storia e perciò veniva riassemblato, pur con grossolani errori quando non vere e proprie truffe!”
    Oggi manca dedizione e consapevolezza in chi “opera” e soprattutto in quanti (un intero Paese) sono depredati, nel silenzio, di questi beni. (pompeinascosta.wordpress.com)