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Dio benedica l’America, o anche no

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Nell’immaginario collettivo “Dio benedica l’America” rimanda a gloria e onore. Ma non per tutti è la stessa cosa.

Poco lontano dai centri del potere newyorkese, a Greece una cittadina di 100 mila abitanti nello stesso stato di New York, si sta facendo un pezzetto di storia in tema di diritti e laicità. Ma la sinistra italiana non se ne accorge e insegue inebriata l’elezione del neo sindaco De Blasio.

Cosa sta succendendo in questa cittadina è presto detto: Susan Galloway e Linda Stephens, la prima di fede ebraica, la seconda atea, hanno portato in tribunale l’amministrazione di Greece chiedendo di interrompere la tradizione secondo la quale negli Stati Uniti, prima di qualunque seduta ufficiale (dal Consiglio Comunale a quello della Corte Suprema), è necessario recitare una preghiera e la formula “God bless America” (“Dio benedica l’America”).

Le due cittadine avrebbero voluto partecipare all’assemblea pubblica comunale di Greece, durante la quale mensilmente gli abitanti e le associazioni presentano proposte o manifestano malcontenitti, ma non avevano alcuna intenzione di pregare e l’hanno dichiarato senza indugio. La città ha risposto proponendo che si sarebbe potuta dare la possibilità a chiunque di recitare una preghiera di qualsiasi credo, questo perchè, secondo il Consiglio Comunale di Greece, impedire il rituale religioso sarebbe una limitazione delle libertà personali. Libertà sancite e consacrate nella Costituzione americana.

La Galloway e la Stephens non hanno accettato questa “concessione” e hanno continuato una battaglia legale, fino ad arrivare alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che oggi si è riunita per la prima volta.

Curiosamente la Corte, che deve decidere se un’imposta laicità è in linea con la Costituzione oppure viola le norme sulla separazione Stato-Chiesa, ha aperto i lavori recitando una preghiera.

L’opinione pubblica si è solo parzialmente divisa sull’argomento laicità, a tal punto che il fu paladino dei diritti , il presidente Obama, si è dichiarato addirittura vicino all’istanza dei conservatori, sollecitando i nove “grandi saggi” giudici della Corte a permettere almeno che i politici preghino prima e durante le riunioni di governo.

Non possiamo avanzare un pronostico certo sul verdetto della corte, in fondo gli Stati Uniti sono un paese alquanto imprevedibile, ma va ricordato che in un caso simile, nel 1983 la Corte Costituzionale aveva sostenuto il diritto alla “preghiera legislativa” in quanto parte “della storia Usa sin dalla fondazione dell’Unione”.

E’ evidente che la battaglia per la laicità sia ancora in pieno svolgimento, in medioriente come negli USA, ma prima o poi si arriverà a una posizione meno confusa e meno ipocrita!

In tal caso i politici americani dovranno fare a meno della chiusura ad effetto dei loro discorsi: “Thank you and God bless America” e giù scrosci di applausi.

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