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15 Gen 2014

L’angoscia e l’evidenza sulla Terra dei Fuochi

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Intervista al professor Giovanni de Simone

Professor de Simone le dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone hanno riacceso i riflettori sulla situazione ambientale nella cosiddetta “Terra dei fuochi” provocando un diffuso senso di angoscia nei cittadini. Qual è la reazione relativamente alla campagna stampa in atto?

La situazione ambientale nella cosiddetta “Terra dei fuochi” è assai grave, indiscutibilmente, ma è resa angosciante dalla pressione mediatica che si sta esercitando in modo continuo, attraverso organi di stampa che si fiondano su dichiarazioni imprudenti, non approfondiscono i dati, e riportano incongruenze, quando non dati francamente falsi, alimentando un allarme crescente e precipitando tutta la Regione Campania verso l’annichilimento produttivo.
A voler dare ascolto a quello che la stampa sostiene,  anche sulla base delle cosiddette rivelazioni di Schiavone,  la Terra dei fuochi è avvelenata in modo pressoché irrimediabile, le persone muoiono di tumore come formiche, c’è una strage di bambini, e nulla di quello che proviene dalla terra o dagli animali che si nutrono dei suoi prodotti è commestibile in modo sicuro. L’Espresso pubblica una copertina sulla quale si trasmette il messaggio che a Napoli si beve acqua altamente inquinata, quasi mortale. Piccole imprese agricole, legate allo smercio locale dei prodotti, hanno chiuso i battenti, la crisi produttiva ha colpito tutte le aziende, anche quelle molto presenti sul mercato nazionale ed estero. Si sono consumati atti di indegno sciacallaggio pubblicitario, invitando i consumatori a rivolgersi ai prodotti agricoli del nord (il cui terreno è probabilmente più inquinato di quello campano), o imponendo contratti di fornitura al ribasso (NdR la catena Esselunga ha deciso di interrompere l forniture di prodotti campani) senza che nessuno, di fronte ad un attacco concentrico di questa portata, potesse (o volesse) arginare il danno economico che si stava consumando nella Regione Campania.

Lei parla di una paura spesso ingigantita dalla disinformazione e dal sensazionalismo giornalistico, ma qual è la posizione della comunità scientifica? 

Quello che ha colpito di questa brutta vicenda la comunità scientifica è la mancanza di chiare evidenze che potessero supportare il quadro tragico presentato dalla stampa. In tutti i campi della conoscenza ci si è cominciati a  chiedere: ma su quali basi i giornalisti fanno le affermazioni che fanno? Sulle sole interviste di Padre Parricello o sulle dichiarazioni, non ritenute attendibili da alcuni magistrati tra i quali Raffaele Cantone, di un delinquente pentito?  In occasione di un convegno, la Prof.ssa Annamaria Colao ebbe il coraggio di dire quello che molti altri ricercatori pensavano: ma dov’è l’evidenza che ci si ammala di più e che i casi di tumore in Campania non siano legati a fattori di rischio particolarmente presenti, come fumo ed obesità, piuttosto che al trasferimento nel terreno e poi nei vegetali e negli animali di inquinanti tossici, pur volendo ammettere che la loro presenza sia ubiquitaria? La Prof.ssa Colao fu oggetto di critiche per quelle “imprudenti” affermazioni, non sulla base di confutazioni scientifiche, ma in quanto moglie del Presidente della Regione. Questo è quello che passa il convento.

Si, ad un certo punto è apparso evidente che bisognava fare qualcosa. La Dr.ssa Paola Dama, che sta prendendo un dottorato di ricerca in oncologia in un prestigioso centro Americano, già ben cosciente di che cosa voglia dire produrre una evidenza scientifica, ha deciso di sacrificare la sua breve permanenza in Italia in prossimità delle festività Natalizie, ed è riuscita a riunire attorno ad un tavolo un nutrito gruppo di ricercatori di discipline diverse, che hanno interagito in modo volontario ed indipendente, affrontando anche disagi, per confrontare le proprie esperienze. Geologi, ingegneri, chimici, epidemiologi, clinici, agronomi, hanno interagito e prodotto PANDORA, la conferenza di presentazione alla cittadinanza ed alla stampa ed il documento sottoscritto dai membri di questa task-force spontanea.Da questo è nata l’esigenza creare Pandora?

Su cosa si basa il lavoro di Pandora?

Il lavoro di PANDORA ruota attorno ad una parola: evidenza. Ed è proprio il significato da dare a questa parola, evidenza, che ha causato anche un paio di abbandoni dal gruppo originario. In realtà non c’è da avere grandi incertezze. L’evidenza scientifica implica la prova dei rapporti causa-effetto, prova che si raggiunge attraverso i controlli e la riproducibilità dei risultati. Se io sostengo che un terreno è più inquinato, devo provarlo confrontandolo con altri terreni dalle stesse caratteristiche geo-chimiche. che ritengo non inquinate. Se sostengo che la frutta e la verdura sono pericolose, devo confrontare la loro analisi chimica con quella di frutti simili provenienti da altre zone che io ritengo non pericolose. Se sostengo che la mozzarella campana è velenosa, devo avere dati che dimostrano ,anche in confronto con la mozzarella prodotta in altre zone, il livello di inquinamento del latte. Ed infine, se io dico che i tumori sono in aumento, devo fare riferimento ai dati comparativi dei registri (che ci sono) e non al pianto disperato delle madri che hanno visto morire i loro figlioli. Molte cose non sono ancora note e PANDORA sarà utile anche in questo, perché eserciterà una spinta propulsiva sulle cose da fare e con urgenza, ma tantissime altre cose sono invece note e contraddicono il quadro che emerge dalla stampa e che finisce per forzare verso soluzioni non programmate che implicano grandi esborsi di denaro pubblico. semplicemente perché le informazioni sono disperse, mentre avrebbero già dovuto essere messe a sistema, un compito di cui PANDORA si sta caricando. Di prelievi sul terreno ne sono stati fatti tantissimi da bravissimi ricercatori e tecnici e dimostrano che, malgrado lo scempio del territorio compiuto dalla camorra, con la verosimile complicità di politici locali, delle forze dell’ordine e della paura della popolazione, il grado di inquinamento potenzialmente pericoloso è circoscritto a zone molto delimitate, benché densamente abitate, mentre la gran parte del territorio è sano, una situazione affatto differente da quella di altre regioni a forte densità abitativa (Lombardia, ad esempio). Il trasferimento degli inquinanti alle cosiddette “matrici alimentari” è lontanissimo dall’essere dimostrato, essendo i controlli sugli alimenti tra i più severi in Italia, e comprovati quasi sempre da ulteriori analisi effettuate nelle grandi catene di distribuzione, un doppio controllo che è, peraltro, costante, nel caso degli alimenti esportati.

Uno dei temi che crea più angoscia tra i cittadini, e non solo quelli che abitano nella zona della cosiddetta “Terra dei Fuochi”,  è quello relativo all’incidenza di patologie tumorali. Esiste un allarme tumori in Campania?

L’incidenza annuale di tumori (cioè il numero di nuovi tumori che si registra annualmente) in Campania è più basso dell’incidenza media in Italia. Nell’ambito di questo ridotto numero, ci sono alcuni tumori che sono frequenti, polmone, laringe e fegato, che però sono legati, oltre che al fumo di sigaretta ed alla dispersione nell’aria di sostanze cancerogene, provocata dai fumi di scarico dei motori a scoppio, ma anche dai roghi di immondizia. Malgrado l’incidenza ridotta, tuttavia, la mortalità per tumori in Campania è più elevata che nel resto del paese, è questo è il dato confondente che viene riportato dalla stampa, ma questo dipende dalle fatiscenti condizioni del nostro sistema sanitario regionale. Ci si ammala di meno e si muore di più.

In che senso parla di “dato confondente” riportato dalla stampa?

Su questo aspetto la stampa gioca ad alimentare la paura. All’indomani della presentazione di PANDORA, l’Espresso, pur riconoscendo il valore dell’iniziativa, ha commentato nel suo Blog, a firma di Giancarlo Sturloni

Quale contributo può dare una task force tecnico – scientifica al dibattito sulla “Terra dei Fuochi”?“…Ma in Campania e nelle province di Napoli e Caserta, la mortalità per tumori, seppur più alta che in altre province italiane, non è in aumento.” Il giornalista poteva semplicemente dire, in maniera più corretta, che l’incidenza di tumori è più bassa della media nazionale, malgrado l’inquinamento. No. Il giornalista ha calcato la mano sul fatto che la mortalità è più alta, senza tentare di fare distinguo e specificare che questo con l’inquinamento c’entra poco. Si vuole alimentare la paura in modo consapevole? Sorge il sospetto. D’altra parte, lo stesso giornale, l’Espresso, aveva pubblicato quella vergognosa copertina ed il conseguente servizio sull’acqua di Napoli, su cui poi il Direttore si era scusato. Ma quell’incauto articolo ha innescato una campagna di disinformazione incredibile, che sta avendo come conseguenza l’aumento vertiginoso della vendita di acqua minerale. Speriamo sia solo un caso.

PANDORA cerca evidenze scientifiche che provino o confutino le paure dei nostri concittadini, alimentate da una stampa incosciente, se non complice. Per ora siamo tutti sicuri che la spaventosa campagna che sta mettendo a terra questa regione martoriata non sia stata basata su dati di obbiettiva rilevanza scientifica.  Occorre  però ancora tanto lavoro per mappare bene le zone a rischio. E su questo c’è l’impegno delle Università della Campania e del Registro Tumori, con  un numero di progetti molto qualificati che possono interagire per mettere a sistema piani di intervento che non comportino, come invece certamente si spera, uno spaventoso movimento di risorse finanziarie pubbliche.

Scritto da

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  • Giancarlo Sturloni

    Poiché tirato in ballo rispondo, facendo notare anzitutto come la frase che mi si contesta:

    “Ma in Campania e nelle province di Napoli e Caserta, la mortalità per tumori, seppur più alta che in altre province italiane, non è in aumento.”

    non è altro che una parafrasi di una frase che si trova nel documento condiviso della task-force Pandora, che il prof. de Simone dovrebbe condividere nella sostanza e nella forma, visto che compare tra i firmatari:

    “I dati rilevano che in Campania e nelle province di Napoli e Caserta non c’è un trend in aumento della mortalità generale (morti/100.000 ab/anno) né per quella per tumori (morti per tumore/100.000 ab/anno), pur essendo entrambe più alte rispetto ad altre province italiane”.

    L’accusa di aver “calcato la mano sul fatto che la mortalità è più alta” è mistificatoria. Basta l’analisi del periodo a mostrare che la preposizione principale dice semplicemente che la mortalità per tumori non è in aumento.

    Infine, la mia frase è stata estrapolata dal contesto: leggendo senza pregiudizi il paragrafo in cui è inserita, dubito si possa pensare che sia stata scritta per “alimentare la paura in modo consapevole”:

    “Comunque sia, se le preoccupazioni ambientali sono fondate, il team di Pandora invoca cautela nello stabilire un legame tra inquinanti e rischi per la salute, ancora tutti da dimostrare. Di certo i roghi dei rifiuti sprigionano sostanze cancerogene, a partire dalle famigerate diossine. Ma in Campania e nelle province di Napoli e Caserta, la mortalità per tumori, seppur più alta che in altre province italiane, non è in aumento. Quanto agli alimenti, sottoposti a svariati controlli, finora sono risultati sicuri.”

    Entrando nel merito, affermare che “l’inquinamento c’entra poco” è azzardato e non condiviso dalla comunità scientifica. Diversi studi epidemiologici hanno infatti già stabilito l’esistenza di un’associazione di rischio fra siti inquinati dai roghi e dagli sversamenti illegali e la maggiore incidenza di alcune forme tumorali e di altre malattie. E se è vero che ancora non è stato dimostrato un “nesso di causalità”, bisogna anche sottolineare che finora non è stato fatto alcuno studio ad hoc per trovarlo.

    In assenza di studi specifici, non si può stabilire se abbiano più peso gli inquinanti ambientali, gli stili di vita o le condizioni socio-economiche. Ma sappiamo che l’inquinamento ambientale è grave e studi epidemiologici come Sebiorec indicano che tutti i fattori di rischio, inquinanti compresi, concorrono al problema. Mettere l’accento solo sugli stili di vita, come fece l’ex ministro Balduzzi, rischia di scaricare la colpa sui cittadini, lasciando che continuino a vivere in aree contaminate.

    Giancarlo Sturloni

  • Giancarlo Sturloni

    Poiché tirato in ballo rispondo, facendo notare anzitutto come la frase che mi si contesta:

    “Ma in Campania e nelle province di Napoli e Caserta, la mortalità per tumori, seppur più alta che in altre province italiane, non è in aumento.”

    non è altro che una parafrasi di una frase che si trova nel documento condiviso della task-force Pandora, che il prof. de Simone dovrebbe condividere nella sostanza e nella forma, visto che compare tra i firmatari:

    “I dati rilevano che in Campania e nelle province di Napoli e Caserta non c’è un trend in aumento della mortalità generale (morti/100.000 ab/anno) né per quella per tumori (morti per tumore/100.000 ab/anno), pur essendo entrambe più alte rispetto ad altre province italiane”.

    L’accusa di aver “calcato la mano sul fatto che la mortalità è più alta” è mistificatoria. Basta l’analisi del periodo a mostrare che la preposizione principale dice semplicemente che la mortalità per tumori non è in aumento.

    Infine, la mia frase è stata estrapolata dal contesto: leggendo senza pregiudizi il paragrafo in cui è inserita, dubito si possa pensare che sia stata scritta per “alimentare la paura in modo consapevole”:

    “Comunque sia, se le preoccupazioni ambientali sono fondate, il team di Pandora invoca cautela nello stabilire un legame tra inquinanti e rischi per la salute, ancora tutti da dimostrare. Di certo i roghi dei rifiuti sprigionano sostanze cancerogene, a partire dalle famigerate diossine. Ma in Campania e nelle province di Napoli e Caserta, la mortalità per tumori, seppur più alta che in altre province italiane, non è in aumento. Quanto agli alimenti, sottoposti a svariati controlli, finora sono risultati sicuri.”

    Entrando nel merito, affermare che “l’inquinamento c’entra poco” è azzardato e non condiviso dalla comunità scientifica. Diversi studi epidemiologici hanno infatti già stabilito l’esistenza di un’associazione di rischio fra siti inquinati dai roghi e dagli sversamenti illegali e la maggiore incidenza di alcune forme tumorali e di altre malattie. E se è vero che ancora non è stato dimostrato un “nesso di causalità”, bisogna anche sottolineare che finora non è stato fatto alcuno studio ad hoc per trovarlo.
    In assenza di studi specifici, non si può stabilire se abbiano più peso gli inquinanti ambientali, gli stili di vita o le condizioni socio-economiche. Ma sappiamo che l’inquinamento ambientale è grave e studi epidemiologici come Sebiorec indicano che tutti i fattori di rischio, inquinanti compresi, concorrono al problema. Mettere l’accento solo sugli stili di vita, come fece l’ex ministro Balduzzi, rischia di scaricare la colpa sui cittadini, lasciando che continuino a vivere in aree contaminate.

    Giancarlo Sturloni