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Da che parte stare

di KarMassimoNapoli, al via il corteo per il 17enne ucciso

È questo il punto ormai. Senza mezzi termini, senza ipocrisie. Senza giustificazione alcuna.
E soprattutto, senza alcun dubbio o esitazione.

Se Napoli, la città dove ho vissuto 25 anni su 33 della mia vita, vuole risollevarsi; se i napoletani, il popolo di cui mi sentirò sempre parte anche se esserlo è diventato un marchio d’infamia, vogliono rialzarsi, devono decidere da che parte stare. Una volta per tutte.
Per iniziare, bisogna smetterla di fare le vittime, di lamentarsi delle mancate opportunità, dello Stato che se ne frega, del non avere altra scelta. Perché ci sono sempre altre scelte,sempre.
La maggior parte delle persone le opportunità non le trova sotto casa. E allora che fa? Se le va a cercare, le va a inseguire. Anche in capo al mondo, se necessario.
Lo Stato se ne frega? È una scusa, nient’altro che una scusa. Non hai di certo bisogno dello Stato per sapere cosa è giusto e cosa non lo è. Non hai bisogno dello Stato per capire da che parte stare.

Davide Bifolco è morto. E questo non è giusto. Nessun ragazzo di quell’età dovrebbe morire, e meno ancora per mano di un rappresentante delle forze dell’ordine. È giusto invece che vengano accertate le responsabilità e che si paghino le conseguenze, ma di qui a far diventare Davide Bifolco un santo no. Non provateci nemmeno.
Perché non è un santo uno che va in giro in piena notte a scappare dai posti di blocco in motorino senza casco, senza patente e senza assicurazione insieme a un pregiudicato e un latitante. E difficilmente diventa santo uno che vive in una famiglia con un ex carcerato come padre e un fratello agli arresti domiciliari. Questo non vuol dire che sia anche lui un delinquente, ma un santo di certo non lo è. È un ragazzo cresciuto in un quartiere difficile. E a volte, in un quartiere difficile, accadono cose di questo tipo. Accade ad esempio che le cazzate che si fanno da ragazzi, quelle che nella maggior parte dei casi non hanno conseguenze, alle volte si pagano più di quanto si dovrebbe.
Capisco la rabbia dei familiari, anche se credo sarebbe il caso di indirizzarla anche verso se stessi, e non solo verso il carabiniere che ha sparato. Capisco anche la rabbia degli amici, ma anche nel loro caso apprezzerei di più anche un piccolo esame di coscienza. E poi c’è un’ultima cosa che capisco, ma non tollero, e sono le proteste, la rabbia riversata in strada contro le forze dell’ordine, contro lo Stato. La strumentalizzazione di una tragedia, figlia di un modo di pensare camorristico, vigliacco, ipocrita.
Perché ce ne sono anche altri di morti lasciati per strada, come Mariano Bottari, pensionato di Portici colpito da proiettili vaganti mentre andava a fare la spesa; come Vincenzo Liguori, meccanico di moto colpito anch’egli per errore durante un agguato di camorra. Perché nessuno è sceso in strada a protestare contro questi morti? Anche i proiettili sono soggetti a discriminazioni? Perché tutti gli indignati del Rione Traiano non vanno all’ospedale a trovare Francesca Di Donato, 23enne studentessa di Aversa in gravissime condizioni per essere stata investita nel tentativo di resistere a uno scippo? Ok, facciamo finta che il motivo sia la paura della camorra. E allora perché non fare un sit-in sotto al Comune per la morte di Salvatore Giordano, il ragazzino 14enne di Marano colpito dai calcinacci della Galleria Umberto I?

La verità è che a Napoli, da troppo tempo ormai, si scelgono gli eroi sbagliati.
A Napoli, da troppo tempo, ci si indigna e si protesta per le cose sbagliate.
A Napoli, da troppo tempo, ci si trova a dover scegliere tra due sole strade. Quella delle regole, del rispetto per gli altri, dell’amore per il territorio, dell’odio per chi lo distrugge, oppure quella dell’illegalità, dell’omertà, della compiacenza, della rassegnazione, della strafottenza.
Due strade che si traducono in due uniche categorie: onestà e complicità. È ora di fare una scelta.

È ora di decidere da che parte stare.

Napoli, cadono calcinacci ferito un ragazzo

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