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17 Apr 2012

Il silenzio dei colpevoli

di Generoso Romano.
Se a qualcuno (solo qualcuno) le vicende interne degli ultimi mesi appaiono poco convincenti, quanto meno intermini di legittimazione politica, al punto da far “sospettare” che il governi sia autocratico e non democratico, l’indolenza sull’art. 81 della Costituzione e sull’imposizione del pareggio di bilancio “europeo” o, meglio, il silenzio colpevole della (classe) politica è a dir poco preoccupante. Sarà, ma 81 è speculare di 18, e così tanto è volutamente ignorato il primo quanto oggetto di attenzioni il secondo (quello dello Statuto dei Lavoratori). Perché?  Perché il potere, quello reale, non ha  (e non ha mai avuto) alcun interesse a far discutere su temi che presuppongono il rispetto non dico delle leggi ma del cittadino e quindi della persona. Quando, all’interno,  si è trattato di svuotare di effettività sociale e socialista l’art. 41 della Costituzione, era possibile transitare per tesi più o meno liberali (il che vuol dire liberiste) invocando (ora sì politicamente) la libertà di ciascuno minacciata dal mostro comunista (ancora? che noia!) e, in sostanza, mandare a farsi benedire la Costituzione formale senza che fosse necessario alcuna revisione secondo lo schema procedimentalizzato previsto (detto tra le righe: disapplicare stabilmente non equivale ad abrogare?  Ma i colpi di Stato non si fanno con le armi; che siamo trogloditi?). E qui si può dire che la sinistra politica abbia tradito se stessa, o forse era impegnata a ricercare se stessa. Ora che al potere reale si deve fare l’inchino serve una formale deliberazione con la quale, nel rispetto della Costituzione (art. 138) si offende la Costituzione (quella dei Padri, per intenderci). Non vi è chi non abbia almeno una volta sentito dire che l’Italia è una repubblica in cui il sistema congegnato è quello di una “economia regolata” in cui privato e pubblico sono essenziali. E il pubblico, come il privato, non investe se non può far debiti. Oggi, però, sono  altri a dirci cosa deve essere l’Italia, e gli “eredi” politici della nostra tradizione tacciono in attesa di poter salvare la faccia magari dicendo che si è trattato di una necessità urgente che ha consentito il tutto (e non il trascinarsi egoista della loro inerzia). E che il governo non lo hanno fatto loro. E costoro dovrebbero tutelare l’autonomia e la dignità di un paese rispetto ai partners europei? Una classe politica indegna di quell’eredità: se i Padri avessero saputo avrebbero fatto testamento, e non a favore di Francia e Germania. E non è accettabile che una norma interna, fosse anche costituzionale, possa essere intesa nel senso che consenta limitazioni di sovranità al punto da permettere che una situazione di fatto (quella europea), esterna allo Stato, possa indurlo a negare se stesso. Il che equivale a dire: sei libero, politicamente sulla carta, anche di cambiare rotta, e magari pensare a nuove forme di intervento sociale, però non puoi farlo. A meno che, direi io, non lo decida un governo europeo. Risposta: ti sei accorto che non c’è? I colpevoli silenti ce l’hanno bello e pronto l’alibi. Perchè dovrebbero sbracciarsi, dare spintonate, combattere.  Eppure dovrebbero essere le stesse norme europee, se non vogliono tradire se stesse, a non permettere ciò. Non parlo di norme giuridiche, ma di quelle pre-norme, o norme metagiuridiche, che fondano l’origine e l’essenza di quelle giuridiche. Chiamateli principi assoluti, presupposti del pensare e dell’agire giuridico concreto, chiamateli come volete. E le norme, i principi, i presupposti, vivono di vita propria? Certo che no. Ma se almeno non li riconosciamo, l’Europa, allora, dov’è? E, ancor prima, noi, dove siamo?

Scritto da

Redazione LPP

- Redazione de La Prima Pietra