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La scuola dei quiz

Conoscete l’esatto significato di Echidna? Sapete collegare nel giusto ambito il termine martingala? E ancora, sapete quale affermazione permette di concludere logicamente che “domenica scorsa non sono andato al mare”? Se sapete rispondere correttamente a queste e ad altre domande in meno di un minuto allora siete dei perfetti insegnanti, adatti a trasmettere il sapere alle future generazione. Almeno a giudicare dai primi giorni del “concorsone della scuola”, queste conoscenze sono assolutamente fondamentali per il ministero dell’Istruzione per scegliere i professori del domani. Molto più importanti della conoscenza della lingua italiana, di Kant o Socrate e soprattutto molto più utili della capacità di insegnare.

Ovviamente il concorsone non ha mancato di suscitare un vespaio di polemiche. Alle prevedibili proteste di sindacati e insegnanti si sono aggiunti i meno prevedibili dubbi espressi in ambito europeo. Mentre il ministro Profumo ha definito la procedura di selezione “finalmente moderna ed europea,” la Commissione europea ha aperto invece una procedura di infrazione contro l’Italia dopo aver ricevuto una miriade di petizioni e ricorsi presentati dai docenti precari italiani. Infatti, secondo una direttiva comunitaria, la 1999\70,le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di assumere i lavoratori che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio prima di provvedere ad altre nomine. Tra i circa 130mila insegnanti italiani la maggior parte sono precari anche da dieci anni e buona parte di loro provengono dalle costose scuole SsiS (le Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario) di durata biennale, periodo durante il quale i futuri docenti hanno svolto 200 ore di tirocinio diretto in classe oltre ad aver superato la bellezza di 25 esami per ottenere un’abilitazione che alla prova dei fatti non è servita praticamente a nulla.

Oltre a essere un’ingiustizia per i tanti che da anni aspettano di vedere regolarizzata la propria posizione, lo svolgimento del concorsone è il più grande disconoscimento del sistema educativo italiano. Pensare che precari quarantenni laureati in Lettere non comprendano quello che leggono, che laureati in matematica non abbiamo capacità logiche o che professori di lingua non sappiano l’inglese, significa bocciare in pieno non solo i concorsi a cattedra e i corsi di specializzazione, ma persino lo stesso sistema universitario italiano.

Imponendo questa modalità di svolgimento al concorso il ministro dell’Istruzione Profumo ha infatti implicitamente ammesso quello che molti sostengono da anni: la totale inadeguatezza del sistema scolastico e universitario italiano rispetto al mondo del lavoro. Che senso ha specializzarsi con anni e anni di studio in università e licei se il mondo del lavoro non considera questo percorso una preparazione sufficiente per svolgere un’attività lavorativa? Che senso hanno la varietà delle facoltà se per fare il professore, l’archeologo, il vigile urbano, il medico, il guardiano di un museo o il bancario è richiesto il superamento degli stessi test di logica?

Certo si potrà obbiettare che visto l’enorme mole di candidati un criterio per operare una prima scrematura lo si dovrà pur trovare. Tuttavia la scelta del criterio non può essere qualcosa di casuale, frutto dell’impostazione aziendalistica del momento e soprattutto non può essere la stessa per tutti i lavori. Da questa scelta dipende il futuro di un paese, la selezione della sua classe dirigente presente e futura. Se infatti nei prossimi anni tutti i concorsi pubblici e privati verranno svolti con questa modalità tanto vale inserire tra le materie curriculari i test di logica o magari fare dei corsi di laurea in “testologia”. Oppure ammettere pubblicamente che l’università e la scuola servono esclusivamente per accrescere la cultura personale e che la laurea e il diploma non sono altro che “pezzi di carta”.

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