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Non avrai altra famiglia all’infuori di quella che dico io.

di Marianna Panico.
Il 25 novembre 2011 la Giunta del Comune di Napoli istituisce il Certificato Anagrafico Affettivo, e la vigilia di San Valentino, il 13 febbraio 2012, portando a termine un impegno che il Sindaco Luigi De Magistris aveva assunto in campagna elettorale, il Consiglio Comunale di Napoli approva a maggioranza, con l’astensione del gruppo Futuro e Libertà e il non voto dei gruppi PDL e PDL Napoli, la delibera che istituisce il Registro Amministrativo delle Unioni Civili. Gli effetti sociali del certificato anagrafico affettivo, nonché del Registro Amministrativo, sono positivi in quanto contrastano le discriminazioni subite dalle coppie non sposate di qualunque genere estendendo loro, di fatto, piccoli diritti quali la possibilità di partecipare ai bandi popolari, di accedere agli asili comunali, di avere il diritto di visita al/alla convivente negli ospedali locali. Ma la mancanza di una legislazione nazionale del diritto della famiglia che sia moderna, estesa ed inclusiva a nuove forme di unioni affettive, produce discriminazioni sulla base dell’orientamento religioso e sessuale dei cittadini e tali deliberazioni napoletane, riaprono in maniera prepotente una ferita nella società italiana. E’ evidente che, senza smantellare la famiglia tradizionale, prevedere la regolamentazione di altre forme di convivenza accresce i diritti dei cittadini, protegge i minori e rappresenta un vantaggio per la collettività. A nulla è valsa fin’orala Convenzione Europeasui Diritti dell’Uomo, la Carta di Nizza e le diverse Risoluzioni del Parlamento Europeo che hanno sancito la condanna alle discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale nel diritto ad avere una famiglia, né la testimonianza di recepimento delle Nazioni Europee, che riconoscono diritti civili alle unioni di fatto, o addirittura la possibilità di convolare a nozze anche per gli omosessuali come in Belgio, Germania, Olanda, Spagna, Portogallo, Svezia, Norvegia, Islanda, piuttosto che il riconoscimento dell’ordinamento francese dei matrimoni omosessuali contratti nei Paesi dove ciò è possibile. A nulla è valso il dibattito parlamentare italiano che dal 1986 ad oggi ha prodotto 30 tra proposte e disegni di leggi, presentati trasversalmente da tutti gli schieramenti politici. O l’apertura alle nuove famiglie degli Statuti Regionali di Calabria, Toscana, Umbria ed Emilia Romagna. Un dibattito ricco a cui si aggiunge una insindacabile sentenza della Corte Costituzionale, la 138/2010, che, richiamando l’art. 2 della Costituzione riconosceva l’unione omosessuale, come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone  il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Perché nonostante tali premesse, che superano le argomentazioni ostative, è ancora così acceso e moralistico il dibattito politico e sociale sulle unioni civili, e sono così lunghi i tempi affinché il legislatore italiano tronchi la questione secondo indicazioni europee di progresso e civiltà? Perché le unioni civili sono diventate un problema politico italiano tutto interno all’etica cattolica vaticana che, temendo di vedere sminuito il suo potere dogmatico sulle vite e sulle scelte delle persone, produce una strumentale separazione nell’opinione pubblica, in due fronti nettamente contrapposti. Da una parte, capitanati dai vescovi cattolici, ci sono tutti quelli che condannano qualunque tipo di convivenza fuori il matrimonio, che considerano il riconoscimento dell’unione civile tra eterosessuali un matrimonio di serie B, e che non prendono in nessuna considerazione le unioni tra omosessuali aborrite come negazione della famiglia naturale in grado di perpetuarela specie. Dall’altra, ci sono i laici, le associazioni di categoria, i militanti omosessuali e gli schieramenti politici progressisti, che chiedono forme di tutela alle convivenze, ai minori nati fuori dal matrimonio, e che considera il divieto di unione e/o matrimonio omosessuale una discriminazione che viola principi generali di eguaglianza e di riconoscimento dell’altro. Nonostante la fondatezza ed il buon senso delle argomentazioni laiche, l’aumento vertiginoso del numero di separazioni e divorzi, il divario tra Nord, il cui numero di convivenze è confrontabile alle tendenze europee ed il Sud nettamente indietro, e le sofferenze di milioni di cittadini che si sentono discriminanti e socialmente indeboliti dalla mancanza di tutele, il Vaticano resta intransigente, alzando il livello di scontro sul piano personale, attaccando gli interlocutori con campagne mediatiche violente e interferendo nella vita politica italiana con decisivi appoggi elettorali ai candidati allineati alle posizioni vaticane. Un ingerenza politica insopportabile e che ha portato nel 2000 il Pontificio Consiglio addirittura a chiedere ai governi la cancellazioni di leggi sulle unioni civili. Una vera e propria guerra religiosa. Una guerra che potrebbero vincere solo gli Stati Uniti d’Europa che al momento non ci sono. Uno spiraglio di soluzione lo portano però i notai. Sempre più coppie e nuove famiglie non coniugali, si rivolgono ai notai per questioni legate alle successioni, per richiedere accordi prematrimoniali o accordi privatistici per disciplinare i rapporti patrimoniali al fine di pianificare i propri interessi. Ed i notai, pressati dalle richieste, stimolati, come consulenti autorevoli, ad aiutare i cittadini a semplificare la loro vita e presi dalla necessità di non venire meno nell’ esercizio del loro ruolo di garanti degli adempimenti normativi, rompono i tabù sulla famiglia, e caldeggiano regolamentazioni in termini di eredità e successioni e lanciando i “patti di convivenza”, contratti privati, liberi ed autodeterminati che, prescindendo dal sesso e dal legame affettivo dei contraenti, regolano i rapporti patrimoniali relativi ad una vita in comune, i diritti e doveri di assistenza e la possibilità di superare l’esistente divieto di patti successori, disponendo a favore del convivente nei limiti della quota di patrimonio disponibile. La lotta sembra ancora ardua, tra certificati anagrafici affettivi e patti di convivenza, ma se il dibattito politico si arricchisce dell’azione di una controcasta come sono i notai c’è da sperare bene.

 

Scritto da

Redazione LPP

- Redazione de La Prima Pietra