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18 Feb 2014

Renzi: 4 possibili scenari

Quello che racconto può sembrare fantapolitica, ma in realtà è un elenco di fatti, fatti inconfutabili che portano ad una serie di scenari possibili. Nella prima parte dell’articolo mi atterrò ai fatti, cercando, per quanto posso,  di evitare commenti. Nella seconda parte immaginerò scenari, vicini e lontani.

Veniamo ai fatti. Matteo Renzi matura in un contesto molto diverso da quello socialmente impegnato e un po’ cupo della sinistra storica. La documentazione iconografica ce lo mostra ragazzo, già protagonista di un telequiz di Mike Bongiorno, poi fianco a fianco con Ciriaco De Mita. Una rapida ascesa politica nelle fila dei partiti eredi della sinistra Democristiana, fino alle elezioni fiorentine del 2009, già allora combattute contro la nomenclatura ufficiale del PD che voleva altri.

Buon amministratore, ad agosto 2010 si affaccia sulla scena nazionale con il proposito di mandare a casa il gruppo dirigente del PD e coinvolge su questo progetto, ancora povero di contenuto, i giovani del suo partito. Nel dicembre dello stesso anno, pochi mesi dopo l’annuncio della rottamazione, incontra Berlusconi ad Arcore, non si sa (o almeno io non so) se su sua iniziativa o su iniziativa del Cavaliere. Malgrado le dichiarazioni ufficiali, il contenuto del lungo colloquio non si conosce.

Il 2011 scorre attraversato da iniziative politiche di grande effetto mediatico, apparentemente autofinanziate, che riescono a coinvolgere molti esponenti di spicco del PD, intellettuali ed imprenditori, di destra e di sinistra, iniziative ricche di dibattito e di proposte, che fanno lievitare l’impatto mediatico di Renzi e che gli consentono di transitare nel 2012, con un consenso crescente, e di dare vita ad altre iniziative sempre più impattanti su un piano mediatico, e non prive di idee e proposte.

Nello sviluppo di queste iniziative, però, emergono idee ed atteggiamenti molto lontani dalla tradizione della sinistra, che mentre gli conquistano ampi consensi a destra, gliene sottraggono un poco a sinistra. I suoi estimatori spiegano questo allargamento ed il leggero spostamento dell’asse del consenso con il suo retroterra politico-culturale, molto diverso da quello della tradizione della sinistra storica social-comunista.

Alla fine del 2012, in un momento di massima valorizzazione mediatica della sua figura, Renzi lancia la sfida a Bersani per la candidatura a Palazzo Chigi, attraverso il meccanismo delle primarie, e sviluppa il suo primo tentativo di conquista del PD attraverso una vera e propria OPA, chiedendo con veemenza che la votazione fosse aperta a tutti i cittadini che avessero voluto esprimere il loro voto, e non ai soli iscritti al partito. Bersani, segretario al tempo, per favorire le primarie si fa promotore di una modifica di statuto del partito , ma non cede alla richiesta di aprire le primarie a tutti. Renzi perde la corsa, ma il PD esce malconcio dalle elezioni politiche. Il seguito è storia recente, ben conosciuta.

Renzi attende e, quando è ormai evidente che il PD è allo sbando, ripropone l’OPA al segretario pro tempore Guglielmo Epifani, che non ha, questa volta, la forza di impedirla. Né ha il coraggio di andare a vedere la giocata di Renzi che, in modo surrettizio, minaccia la scissione se le primarie fossero state confinate ai soli iscritti.

Con i voti della destra, Renzi conquista il PD e comincia a lavorare ai fianchi il governo Letta. Rimuove dalla agenda politica la sua iniziale proposta di riforma di legge elettorale (il “sindaco d’Italia”) che avrebbe trovato consenso immediato nella coalizione di governo. Riabilita la figura di Berlusconi, assai compromessa dalla condanna passata in giudicato e dall’espulsione dal Senato, elevandolo al rango di interlocutore privilegiato. Lancia la sua proposta elettorale, costruita con il suo conterraneo Denis Verdini, proposta che ha come effetto immediato di ricompattare tutti i satelliti della frantumata destra intorno alla nuova formazione politica di Berlusconi, ricreando una coalizione che avrebbe potuto vincere facilmente le elezioni con la nuova proposta di legge elettorale.

Le resistenze alla proposta di Renzi-Verdini si fanno però subito evidenti ed il rischio di elevare troppo la soglia di accesso al secondo turno conduce ad una accelerata sul fronte della delegittimazione del Governo Letta. Abbandonato da suo partito,  attaccato da certa stampa e licenziato dalla Confindustria, Letta è costretto alle dimissioni e Renzi riceve l’incarico di formare il nuovo governo, dopo aver ricompattato (miracolosamente) tutto (o quasi) il partito intorno a questa soluzione.

Questi sono i fatti a la loro sequenza.

Che succederà? Io vedo questi possibili scenari:

  1. Renzi fa lo stesso governo di Letta cercando di sopravvivere, come non è riuscito a fare Letta, lavorato ai fianchi dal suo stesso schieramento. Con il consenso maturato negli ambienti di destra e la sua capacità mediatica, riesce a vendere fumo ma riesce a cavarsela con poco danno, contentando un po’ l’uno ed un po’ l’altro, sviluppando una politica con qualche connotato di sinistra. La legge elettorale prende tempi lunghi e viene modificata secondo le richieste di Alfano, Monti e Casini, che vengono salvati. La Lega tace.
  2. Renzi fa lo stesso governo di Letta, con l’appoggio di Lega e Forza Italia ed utilizza le istanze comuni che vengono sia da destra che da sinistra per mettere insieme un pacchetto da portare in Europa, dove, sapendo di essere un buon giocatore, conta di ottenere benefici da esporre mediaticamente, a scapito però delle conseguenze che comunque si abbatterebbero sul paese con l’apertura delle procedure di infrazione. La legge elettorale prende tempi lunghi e viene modificata secondo le richieste di Alfano e della Lega con il beneplacito di Forza Italia a cui interessa solo che la soglia che fa scattare il premio di maggioranza resti bassa.
  3. Renzi fa un governo con le forze che hanno sostenuto il governo Letta, più spezzoni del M5S o, persino, un tiepido appoggio esterno (certo Casaleggio è stato stranamente prudente quando gli hanno chiesto di Renzi), mette su una squadra di governo formidabile specie sul fronte economia e lavoro e parte sparato. Alfano, Monti e Casini tacciono. La legge elettorale li salverà. Questo è il patto.
  4. Alfano non ci sta a farsi cucinare a fuoco lento e cerca di buttare a mare Renzi. Renzi riesce a fare un patto di legislatura con SEL ed il M5S che sposta notevolmente l’asse del governo verso una sorta di sinistra peronista. La legge elettorale muore di inedia e rimane un sistema proporzionale puro che piace  a Casaleggio.
  5. Tutti chiudono le porte in faccia a Renzi tranne Forza Italia. Renzi fa un forte governo di centro-destra  con Berlusconi, logora il PD fino al suo annichilimento, utilizzando il timore dei parlamentari di andare a casa (timore già utilizzato probabilmente al momento in cui Letta è stato sfiduciato praticamente e sorprendentemente all’unanimità), e diventa il candidato naturale a succedere a Berlusconi alla guida del centro-destra. Uno scenario da fantapolitica? Allora rileggete la prima parte di questo pezzo.

Quale di questi 4 scenari possibili si concretizzerà, secondo me lo si capirà dall’atteggiamento del Presidente Napolitano. Ma questa è un’altra storia. Per ora non resta che dire: Buona fortuna Italia.

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Scritto da

Giovanni de Simone

- Prof. ordinario di medicina interna, Federico II, Napoli