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3 Apr 2013

Tanti sacrifici,ne vale la pena?

L’austerità predicata in quest’ultimo anno è risuscita a far riscattare il Ns paese? I tagli alla spesa pubblica sono realmente necessari per ripianare il deficit pubblico?

Queste ed altre domande ci ronzano nella testa in quest’ultimo periodo ed ognuno dice la propria in merito, siamo diventati tutti un po’ economisti (prima eravamo tutti allenatori).

Economisti americani come Krugman e Stiglitz reputano che le politiche basate sui tagli alla spesa sociale  volti al ripianamento dei deficit siano una follia soprattutto quando l’economia ha, invece, bisogno della leva keynesiana (spesa pubblica in disavanzo) per potersi risollevare.

In Europa il pensiero economico di sinistra (es. Fitoussi, Boeri) condannano la scelta dell’austerità, che sono un modo per assecondare le richieste della Germania, sottolineando che in questo modo non solo si ingigantisce il peso dei nostri debiti ma risulta profondamente antisociale accentuando la afflizione dei ceti più bassi.

Vediamo quali sono i dati dell’ultimo anno e le previsioni per il 2013

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Dati per molti aspetti disarmanti che in parte sono figli delle politiche di austerità. È stata proprio la Germania a chiederci tali sacrifici e di mettere in discussione il nostro modello sociale, modello difeso strenuamente dalla Merkel con ottimi risultati. Infatti la Germania è l’unico paese occidentale ad avere saldi commerciali attivi con la Cina, così si sfata il teorema secondo cui per competere con la potenza cinese bisogna rincorrerli abbassando i salari, il tenore di vita e i propri diritti.

Ma la Germania non è l’unico caso, ci sono altri paesi (Danimarca, Finlandia, Svezia, Olanda..) che pur avendo un corposo stato sociale hanno una solidità economica caratterizzata da saldi positivi del bilancio e rapporti di Debito/Pil molto al di sotto della soglia di criticità.

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Inoltre gli stessi paesi sono caratterizzati da alti salari, forti sindacati, una tutela avanzata dell’ambiente ed una forte attenzione alla qualità della scuola pubblica.

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E sono anche le nazioni caratterizzate da una mobilità sociale molto più elevata dell’America.

Questi pochi dati evidenziano una realtà che sembra per noi italiani difficilmente raggiungibile e lo è per tutti quei paesi, “sfiduciati dei mercati”, caratterizzati da elevati livelli di evasione fiscale ed economia sommersa. Un problema anche e soprattutto del nostro paese che riguarda il nostro “capitale sociale”, cioè il livello di fiducia verso i nostri concittadini, le nostre istituzioni è veramente molto basso ma sarebbe ciò che ci permette di accettare le condivisioni dei costi del Welfare. Quindi il modello sociale “europeo” non sopravvive dove il capitale sociale è basso, dove la coscienza civile, il senso del dovere è moribonda. Sembrano problemi concatenati bilanci in disavanzo, basso capitale sociale e burocrazia che non funziona, ma quel’è l’origine del problema. Questo è impossibile da definire e come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina, cioè viene prima l’inefficienza dello stato oppure le sfiducia verso le istituzioni che fa sentire legittimato il cittadino che evade?

Tutto questo comporta una serie di conseguenze che rendo l’Italia un paese debole, un paese che presenta un modello culturale contrassegnato da evasione, nepotismo e corruzione come evidenziato dall’articolo “It’s the culture, stupido” del Washington Post del 29 giugno 2012, un paese dove la crisi di produttività è palese, siamo infatti il paese con il maggior numero di ore lavorate ma con la più bassa produttività reale.

Questa profonda distanza tra l’Italia e la Germania in relazione alla produttività, prima si poteva ridurre con il ricorso alla svalutazione, ma oggi con la moneta unica questa leva economica non esiste e ciò potrebbe portare ad un ulteriore ampliamento del divario visto che risulta sempre più facile sottrarci quote di mercato.

Da questo potrebbe emergere che l’applicazione a livello europeo, chiedendo un sacrificio alla Germania, della Modern Monetary Theory potrebbe essere una soluzione alla crisi di molti paesi.

L’assioma fondamentale della MMT è che una nazione dotata di sovranità monetaria (nel Ns caso si parlerebbe dei paesi che aderiscono all’Euro)  non può fallire in quanto la sua “capacità di pagamento” illimitata parimenti a come è illimitata la sua capacità di stampare moneta. La conseguenza è che non esistono dei limiti entro i quali risulta conveniente o meno indebitarsi in quanto il paese ha potere illimitati di finanziare i disavanzi stampando moneta.

Quindi in base a tale approccio la via di crescita passa attraverso il rilancio della spesa pubblica in deficit che deve essere finanziata dalla liquidità della Banca Centrale. Secondo J. K. Galbraith, fautore della MMT, non ci sarebbero neanche problemi relativi alla crescita dell’inflazione in quanto questa tenderebbe a crescere solo in prossimità della piena occupazione, ed in Europa siamo ben lontani da questa condizione.

 

Scritto da

Luigi Cristiani

- Economista e appassionato di tutta la letteratura economica da Smith a Marx, da Keynes a von Hayek, da Modigliani a Friedman. Amo i fumetti della Marvel (Spider-Man, The Avengers, Fantastic Four, X-Men), lo squash, il tennis e il basket. Patito per il Napoli