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Terra dei fuochi. Il banco di prova per dimostrare che lo Stato esiste.

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Il centro di Napoli riempito dalla rabbia, in molti casi per aver perso persone care, ma anche dalla determinazione di un popolo che non si rassegna al destino di essere vittima della contaminazione della propria terra per mano criminale.

Nessuna violenza, molto nervosismo, ma anche tantissima voglia di reagire, di riprendersi il diritto alla salute per se stessi e per un territorio martoriato che agli onori della cronaca risuona come “terra dei fuochi”.

Dopo almeno vent’anni in cui tutto si sapeva ma nessun organo di stampa reputava utile parlarne, ora l’emergenza bonifiche delle province di Caserta e Napoli sembra essere l’argomento principale, con un confronto serrato ( spesso contraddittorio) tra esperti, politici, comitati, istituzioni e, addirittura, i militari americani.

Già perché uno studio delle forze americane di stanza nelle basi Nato è stato utile ad un giornale per fare l’ennesima operazione di sciacallaggio su una questione che tutto deve diventare fuorché motivo di psicosi di massa, perché con la psicosi non si risolve niente e fa solo comodo a chi, per “emergenza nazionale”, ieri lucrava sullo sversamento criminale dei rifiuti ed oggi punta a lucrare sulle bonifiche necessarie.

Il tema è questo: chi, dove e come procede alle bonifiche di un territorio enorme e soprattutto, qual è la reale proporzione della questione?

C’è chi vuole una legge speciale, chi vuole l’esercito, chi invece ritiene che tutto vada posto sotto il controllo dei cittadini perché lo Stato ha fallito, non c’è mai stato se non per essere connivente con chi ha inquinato.

La paura principale è che le bonifiche non siano una grande opera di risanamento dell’ambiente inquinato oltre che uno strumento di sviluppo per il territorio, ma un ulteriore modo di arricchirsi per imprese criminali come accaduto in tutte le “emergenze nazionali”.

La memoria in questo senso corre soprattutto al terremoto in Irpinia dell’ 80, dove i tanti soldi arrivati servirono soprattutto a garantire affari per sistemi criminali.

Insomma dove sta la verità tra chi dice che non c’è nulla più da fare, che i tumori sono oramai un epidemia e chi invece ritiene possibile sanare il territorio e che l’aumento delle malattie tumorali sia relativo solo ad aree circoscritte?

E’ stato il mix di mala politica e camorra, come sostiene il signor Carmine Schiavone nelle sue dichiarazioni, ad inquinare un territorio vastissimo oppure c’è la volontà di creare una “caccia alla streghe”, come dice Mario Fusco capo del Registro Tumori dell’Al Napoli 3, magari tacendo una connivenza delle popolazioni stesse fatte di disinteresse, scarso senso civico e sottovalutazione? Ha ragione chi ritiene un popolo vittima del crimine e dello Stato assente oppure chi, chiedendosi come sia stato mai possibile che in vent’anni nessuno abbia mai alzato il tiro della protesta andando oltre il comitato civico anti discarica, ritiene che a livello territoriale tante siano state le connivenze?

La verità sta nel mezzo, come spesso accade. C’è un po’ tutto, sarebbe altrimenti difficile spiegarsi come sia stato possibile disseminare di rifiuti tossici le campagne di Napoli e Caserta, come sia stato possibile che in vent’anni non si sia mai risolta l’emergenza rifiuti che da gestione ordinaria sia sempre stata una emergenza straordinaria.

Proprio la logica della emergenza è stata la chiave per far arrivare denari che entravano nelle casse criminali piuttosto che essere utilizzati per creare un ciclo integrato dei rifiuti tecnologicamente avanzato.

Per sanare davvero questo dramma, perché tale è, serve innanzitutto che lo Stato faccia il suo dovere davvero: trasformi la rabbia e la sfiducia che sabato attraversavano i volti dei cittadini manifestanti in energia con cui sostenere azioni legislative forti, coinvolgendo i cittadini stessi e le associazioni nella definizione dei percorsi di soluzione.

Agisca sotto il profilo giudiziario e legale affinché non ci sia più alcun Carmine Schiavone che possa eleggersi il sindaco fiduciario dei poteri criminali a prescindere dal colore partitico; agisca per utilizzare i beni confiscati alla camorra come parte delle risorse per sanare il territorio.

 Si tracci una mappa precisa e veritiera delle aree coinvolte, si implementi un metodo per certificare la qualità delle acque e del cibo prodotto, soprattutto per non aggravare la situazione delle aziende agricole sane già messe in seria crisi dalla psicosi dilagante.

Evitando leggi speciali e isteria per le “bonifiche subito” senza alcun controllo di chi e come le fa, la politica definisca una piattaforma con i migliori centri di ricerca italiani e stranieri per studiare soluzioni tecnologiche che una volta per tutte portino su questo territorio un sistema dei rifiuti basato sul massimo livello di riciclo e sulla piena sostenibilità ambientale.

Pensare di costruire infatti inceneritori e termovalorizzatori, utilizzando gli esempi di città come Vienna e Zurigo, è folle e segno di malafede se non si considera che tali strutture si basano su differenziata al massimo possibile e su tecnologie avanzatissime.

L’emergenza ambientale della Campania sia insomma una battaglia che politica e cittadinanza vincano insieme, dando fiducia alla politica con controllo dei risultati e attribuendo ai cittadini la quota di responsabilità nella costruzione di un nuovo senso civico.

Scritto da

Michele Petriccione

- Segretario Regionale SLC Cgil della Campania, sindacato della comunicazione. Mi occupo di comuncazione politica e social marketing. Sono tra i fondatori de La Prima Pietra per costruire un socialismo libero e democratico, per "non viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza ".

  • Dino Falconio

    Concordo su tutto. Mi lascia freddo solo la chiusura al termovalorizzatore. È chiaro che deve andare di passo con la differenziata. Però se non si destinano a strutture del genere, i rifiuti dove li mettiamo? Nelle discariche? Paghiamo bastimenti che partono per terre assai lontane di monnezza? Qui si scatenerà la sindrome Nimby (not in my bach yard) e non faremo nulla per altri 20 anni