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Ucraina e Russia: perché sta scoppiando la guerra

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La crisi tra Ucraina e Russia precipita.

Mentre il presidente russo Vladimir Putin ha definito la caduta dell’ormai ex presidente ucraino Viktor Yanukovich “una presa del potere con le armi” e si riserva il diritto di “usare ogni mezzo per proteggere il popolo”, il governo Ucraino ha richiamato un milione di riservisti per prepararsi ad un’eventuale invasione russa.

Quelle che forse con troppa faciloneria sono state salutate come delle “naturali” proteste di piazza contro un regime autoritario, rischiano di gettare il paese in una guerra dagli esiti imprevedibili che potrebbero coinvolgere l’intera area con pesantissime ripercussioni per tutto il mondo.
Infatti, un po’ come è successo per le primavere arabe, anche in Ucraina le manifestazioni di piazza hanno portato alla luce un complesso coacervo di conflitti etnici e religiosi faticosamente tenuti sopiti negli anni.

A differenza di quello che si potrebbe pensare, l’Ucraina non è soltanto un paese dominato da un governo autoritario e corrotto. È invece una nazione profondamente divisa al suo interno tra spinte secessioniste e nazionaliste e tra una maggioranza della popolazione ucraina e una forte e agguerrita minoranza russa.

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La parte occidentale del paese è storicamente legata alla Polonia con cui ha condiviso il destino fino alla dissoluzione dell’impero austroungarico. La principale città,  Lviv o Leopoli è una grande centro mitteleuropeo dove vive una popolazione che guarda da sempre all’Europa come riferimento culturale e politico e considera la parte russa del paese come una pesante zavorra che impedisce all’Ucraina di modernizzarsi.  Del resto proprio in queste parte sono nati i principali movimenti nazionalistici e di estrema destra che teorizzano più o meno apertamente una rinascita ucraina su basi etniche.
Viceversa la parte meridionale e orientale del paese è abitata in prevalenza da popolazioni di ceppo russo che continuano ad avere fortissimi legami di natura religiosa, economica e commerciale con la “Madre Russia”.  Anche qui i movimenti nazionalistici sono molto forti e la stragrande maggioranza della popolazione, soprattutto in Crimea, è favorevole ad un’annessione con la Russia.

Dal punto di vista linguistico, esiste poi una netta distinzione tra le due Ucraine. Sebbene l’ucraino e il russo siano lingue molto simili, le due comunità non hanno mai accettato di adoperare un idioma comune. Accade così che programmi televisivi, giornali e persino corsi di studio siano rigidamente divisi per composizione etnica. Persino i leader politici spesso si rifiutano di esprimersi in una lingua diversa da quella della propria comunità. Ad esempio Viktor Yanukovich ha iniziato a parlare ucraino soltanto a cinquant’anni,  mentre il leader dei nazionalisti di estrema destra  Oleh Tyahnybok si vanta di “non conoscere neanche una parola di russo”.

Ai conflitti etnici e linguistici si aggiungono poi molti altri fattori di divisione di natura sociale, culturale e soprattutto religiosa. Nonostante la maggioranza degli ucraini si dichiari oggi atea, la zona occidentale del paese è fortemente legata la chiesa cattolica. Questo legame, che ha radici antichissime, è stato risaldato soprattutto sotto il pontificato di papa Giovanni Paolo II che ha più volte sostenuto la minoranza cattolica in funzione anti comunista. Viceversa nelle zone meridionali e orientali del paese prevale il culto cristiano ortodosso.
Anche dal punto più strettamente politico le divisioni tra le due parti del paese sono molto evidenti, mentre a Leopoli prevalgono i partiti progressisti, in città come Odessa  sono fortissimi i movimenti reazionari e conservatori.

Anche se agli occhi di molti media i manifestanti ucraini sembrano tutti uguali, dietro alle proteste lo spaccato dei manifestanti è complesso e molto fluido. Oltre a numerosi provocatori di regime e agenti legati ai servizi segreti russi od occidentali, l’ala estrema dell’opposizione ucraina, russofoba e antisemita, sventola la bandiera europea non tanto perché affascinata dal sogno di Spinelli, ma per rifondare l’Ucraina su base etnica eliminando una volta per tutti i gruppi etnicamente puri.  Negli ultimi giorni accanto alle bandiere arancioni e a quelle del partito di estrema destra «Svoboda», sono apparsi  i vessilli dei paramilitari della Pravyi Sektor (“fazione di destra”) di Dmytro Yarosh,  una alleanza che comprende anche diverse bande naziskin e alcune frange estremiste della tifoseria calcistiche. 

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L’icona che mette d’accordo questa complessa galassia neonazista è la figura di Stepan Bandera, il leggendario  comandante dell’Upa : “l’esercito di liberazione ucraino” che durante la Seconda Guerra Mondiale con l’aiuto dei nazisti provò a creare un Ucraina “etnicamente pura” da russi, polacchi zingari ed ebrei.
Movimenti neonazisti, o comunque fortemente nazionalisti, esistono anche nella zona russa del paese, dove sono molto forti gruppi paramilitari composti in massima parte da ex soldati veterani dell’Afghanistan armati e foraggiati da Mosca.

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  • Giovanni Bravin

    Interessante articolo. Vorrei integrarlo. Una parte di ucraini, nomadi e di origine Cosacca, durante la II Guerra Mondiale preferirono allearsi con Hitler. I militari Cosacchi, accompagnati dalle loro famiglie e carriaggi, si trasferirono in Carnia (FVG) perchè fu la loro terra promessa. Poi, con le varie ritirate arrivarono sulle sponde della Drava (Drau nei pressi di Lienz). Capito che gli inglesi avevano vinto e che costoro li avrebbero riconsegnati a Stalin, con una morte certa, preferirono suicidarsi o annegarsi nella Drava. Un piccolo cimitero a loro riservato, si trova all’ingresso di Lienz. Questa è una storia vera ma poco conosciuta in Italia, anche se rigurda l’Italia ed episodi della II GM.

    http://www.welschtirol.eu/la-strage-dei-cosacchi/