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11 Lug 2013

Verso il congresso. Per quale partito? Per quale paese?

La Prima Pietra è lieta di ospitare un documento preparato da alcuni intellettuali e professionisti napoletani in vista del prossimo congresso del Pd. Un appuntamento molto importante non solo per il partito, ma per tutta la sinistra italiana che si trova ad affrontare una crisi di rappresentanza e di identità senza precedenti. Per questo è necessario un dibattito profondo e ampio che non si limiti soltanto ad un cambio di classe dirigente, ma che affronti una volta per tutte l’ambiguità di un partito in “constante oscillazione tra posizioni riformiste e posizione moderate se non francamente conservatrici”.
Con questa “prima pietra” speriamo di aprire un’ampia discussione  che coinvolga tutti coloro che intendono partecipare attivamente,  anche se non iscritti al Pd, a questa fase così importante del rinnovamento della sinistra italiana.

Il prossimo congresso del Partito Democratico interessa innanzi tutto i suoi iscritti e i suoi militanti, che hanno l’evidente diritto/dovere di partecipazione a tutte le fasi di preparazione, discussione, svolgimento ed elezione degli organismi dirigenti e del segretario. Non può, tuttavia, non interessare anche una gran parte degli italiani, che quel partito ha votato e che guarda ad esso come l’unica forza politica organizzata che può realmente assicurare un futuro migliore al nostro Paese ed a milioni di individui che oggi soffrono le conseguenze di una grave crisi economica provocata da scelte errate poste alla  base delle politiche effettuate negli ultimi decenni e da spinte antisociali portate avanti dalla grande speculazione finanziaria, dentro e fuori l’Italia.

Intorno alle prossime scadenze del PD si moltiplicano le prese di posizione e gli approfondimenti, e tra questi ultimi riteniamo di esprimere con umiltà, ma con determinazione, anche la nostra opinione. Desideriamo innanzi tutto esprimere il nostro forte disappunto per la costante oscillazione del Partito Democratico, tra posizioni riformiste, naturali in un partito di centro-sinistra, specie nell’attuale situazione di crisi in cui versa il nostro Paese, e posizioni moderate se non francamente conservatrici, ispirate più alla volontà velleitaria, quanto priva di sintesi, di conquistare nuovo elettorato moderato, con la conseguenza di avere spinto il tradizionale elettorato di sinistra verso  altre forze politiche, e rafforzato le posizioni qualunquistiche di Grillo. Non si può, infatti, pretendere di chiedere costantemente a un elettorato consolidato nelle sue scelte riformiste di avallare con il proprio voto politiche in cui non si riconosce e che non riconoscono le esigenze più profonde degli italiani. Di questo va tenuto conto, senza trascurare, ma semmai potenziare, le aperture a coalizioni con forze che esprimono elettorato moderato e con le quali bisognerà dialogare, specie se l’attuale sistema elettorale maggioritario, come è auspicabile, verrà confermato.

La chiarezza sull’indirizzo politico da imprimere al partito ha come immediata conseguenza l’adozione di due scelte fondamentali:

1)      la separazione delle figure di segretario del partito, espressione di una ritrovata identità, e di candidato a capo del governo, che necessariamente dovrà farsi carico di dialogare con l’elettorato che si riconoscerà nella coalizione;

2)      di conseguenza, l’elezione del segretario del partito, deve essere decisa esclusivamente dagli iscritti, anche se questa scelta dovesse rimettere in discussione decisioni già prese.

Se, infatti, si sottraesse agli iscritti al partito il diritto di eleggere il proprio segretario, cadrebbe il senso stesso del partito e la necessità di iscriversi ad esso e tutto verrebbe delegato a forze esterne, alle quali va pur richiesto di contribuire  a conseguire altre decisioni, ma non questa, che è il fondamento stesso della militanza e della identità politica da ritrovare: sarebbe come se ai soci di una società per azioni venisse imposto l’obbligo di sottostare alle decisioni non della propria assemblea, ma di  forze esterne che potrebbero essere portatrici anche di interessi contrastanti se non contrari a quelli della società. Sarebbe per altro difficile immaginare, soprattutto nell’attuale contesto politico di un “governo di servizio”, guidato da un esponente del Pd, l’idea di un segretario del partito per definizione pro-tempore, perché già identificato con il candidato premier della coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni: non si capirebbe come una tale segreteria potrebbe assolvere al bisogno di continuità e di impegno a tutto campo nella costruzione dell’identità politica e del radicamento sociale del partito.

In vista del prossimo congresso riteniamo, peraltro, che il Partito democratico, per dare visibilità alla sua ritrovata identità e tornare a parlare compiutamente alla società, debba promuovere una serie di sessioni di dibattito pubblico su alcune delle questioni più acute:

1)      La riforma elettorale, prioritaria, per restituire governabilità immediata al paese

2)      Politiche del  lavoro indirizzate alla crescita (defiscalizzazione, deburocratizzazione, ecc.)

3)      Politiche di sostegno della ricerca e dell’innovazione orientate a garantire opportunità senza privilegi che consentano il pieno riconoscimento del merito.

4)      L’identificazione dei diritti inalienabili che vanno riconosciuti a tutti gli individui in quanto esseri umani.

5)      L’innovazione della macchina statale per consentire procedure più efficaci nelle funzioni proprie e rapidità negli  investimenti anche a soggetti stranieri

6)      La riforma delle istituzioni e delle assemblee rappresentative.

La mancata risposta a queste istanze è una delle ragioni del deludente risultato elettorale dell’ultima tornata politica, ma non il solo. Hanno infatti  pesato nelle scelte dell’elettorato, in aggiunta agli effetti di una crisi che ormai coinvolge quasi l’intera Europa, le indeterminatezze riscontrate su molte delle questioni che sono nel punto più sensibile dell’opinione pubblica: la crisi della politica e i suoi costi, la penetrazione della corruzione praticamente in tutti i partiti, l’inefficienza del Parlamento, vittima del meccanismo di cooptazione voluto da questa velenosa legge elettorale, l’arretratezza e l’inadeguatezza degli strumenti  che dovrebbero promuovere una consapevole partecipazione democratica, la nascita anche nel PD di fenomeni di forte degenerazione personalistica, centrata su incomprensibili interessi di gruppi e componenti;  una degenerazione che ha avuto la conseguenza di produrre una imperdonabile distrazione dai problemi reali, e che ha portato all’esito delle elezioni del Presidente della Repubblica; esito che avrebbe potuto essere catastrofico senza l’intervento di Giorgio Napolitano.

In definitiva, in qualche caso come iscritti al PD, in molti casi come non iscritti, ma attenti alle scelte del PD e pronti anche all’eventualità di un contributo più attivo, chiediamo al Partito democratico e al suo gruppo dirigente di tornare a svolgere un ruolo propulsivo nella società, ispirato alla giustizia sociale e al rigore, e di promuovere l’emersione di un nuovo gruppo dirigente, la cui novità sia l’autorevolezza, la rappresentatività, l’apertura coinvolgente a competenze e esperienze della società che a tutti i livelli vogliano impegnarsi a pieno titolo nella vita del partito. Chiediamo che il necessario rinnovamento non si riduca ad un semplicistico turn over anagrafico per giunta tra consolidati addetti ai lavori, ma promuova un gruppo dirigente dal quale vengano banditi interessi personali, di gruppi, e di componenti, che abbia come obbiettivo prioritario la costruzione di una identità politica chiara ed aperta.

Eugenio Mazzarella, Dario Boldoni, Antonio Carrano, Giovanni de Simone, Roberto Di Lauro, Dino Falconio, Rosa Maiello, Fabio Mangone, Elisa Novi Chavarria,  Mario Rusciano, Benito Visca

Scritto da

Redazione LPP

- Redazione de La Prima Pietra

  • domenico avanzo

    Penso che il nocciolo del problema è tutto qua. Il congresso dovrebbe dibattere su “la costante oscillazione del Partito Democratico, tra posizioni riformiste, naturali in un partito di centro-sinistra, specie nell’attuale situazione di crisi in cui versa il nostro Paese, e posizioni moderate se non francamente conservatrici, ispirate più alla volontà velleitaria, quanto priva di sintesi, di conquistare nuovo elettorato moderato, con la conseguenza di avere spinto il tradizionale elettorato di sinistra verso altre forze politiche”. Tutto ciò attiene alla natura del Pd . Altre questioni tipo “ separazione della figura del segretario da quella del candidato premier” oppure “che il segretario debba essere eletto dagli iscritti o meno” attengono tutte ad una discussione sul modo di essere proprio delle “ambiguità di questo Partito” una discussione, per certi versi, surreale che nessun Partito socialista europeo si sognerebbe mai di fare. Ma tant’è, proprio di questo si tratta: il Pd, ad oggi, non è un Partito che intende riconoscersi nel solco del Socialismo democratico; diversamente non ci sarebbe da discutere ma solo di approfondire i successivi 6 punti. -speriamo bene-