Condividi:

" />
11 Giu 2013

Elezioni in Bulgaria: la testimonianza di un osservatore europeo del PSE

Ultimo Stato ad entrare a far parte dell’Unione europea (nel 2007, con la vicina Romania) ed ultimo nella classifica comunitaria dei paesi più poveri, la Bulgaria, almeno per ora, sembra aver fallito il suo “sogno europeo”. L’adesione all’UE non ha infatti contribuito al rilancio economico auspicato, e la Bulgaria ha risentito ulteriormente degli effetti della crisi.

boriNel febbraio 2013 è stato l’annuncio dell’aumento vertiginoso delle tariffe energetiche domestiche a portare il paese in piazza e a costringere il governo guidato dal conservatore Boyko Borisov (fondatore del principale partito conservatore GERB, ex bodyguard, leader carismatico e populista, definito da diversi osservatori europei – tra cui il quotidiano francese Libération – un “Berlusconi bulgaro”) alle dimissioni e alla convocazione di elezioni anticipate lo scorso 12 maggio. Le affinità con il nostro paese non si fermano però ai confronti tra i leader e i paragoni tra Italia e Bulgaria da parte della stampa – e non solo – sono sempre più frequenti: forte tensione sociale, rafforzamento di partiti antisistema (l’ultranazionalista ATAKA), e uno scandalo intercettazioni che ha coinvolto l’ex ministro dell’Interno e braccio destro di Borisov e che ha agitato la vita politica nelle settimane precedenti le elezioni. Il tema della corruzione della classe politica ha quindi contrassegnato fin da subito lo scrutinio bulgaro, e proprio per questo motivo le elezioni del 12 maggio hanno visto una presenza estesa di osservatori internazionali (242 provenienti dall’Ocse) e una generale attenzione da parte della comunità politica europea.

È in questo contesto che il Partito Socialista Europeo ha deciso di intervenire con un’iniziativa finora inedita: l’invio di circa 80 “osservatori europei”, volontari provenienti da diversi paesi d’Europa, che hanno affiancato i militanti del BSP (il partito socialista bulgaro guidato da Sergei Stanishev) nel monitoraggio dell’attività elettorale durante questo difficile scrutinio.

Come militanti del PSE, abbiamo aderito a questa missione con grande interesse, consapevoli della “atipicità” dello svolgere una missione di osservazione elettorale all’interno di un Stato membro dell’Ue, ma intenzionati a cogliere l’opportunità di conoscere per esperienza diretta la situazione di uno Stato europeo in un momento cruciale della vita politica come le elezioni nazionali. La missione, organizzata dalla sezione internazionale del BSP, ci ha portati prima a Sofia, dove abbiamo avuto modo di prendere contatto con gli attivisti della capitale e di ricevere le informazioni e il materiale necessario per la missione di osservazione. Abbiamo quindi conosciuto le nostre rispettive destinazioni, circa dieci missioni a coprire diverse aree della Bulgaria.

La regione assegnata al gruppo di cui ho fatto parte era quella di Targovishte, a circa cinque ore di viaggio a nord est da Sofia. Un’area essenzialmente rurale, caratterizzata della scarsa urbanizzazione e dalla difficoltà di collegamenti (il trasporto ferroviario in Bulgaria è quasi inesistente). Una componente rilevante della regione era inoltre la presenza di comunità turche e rom, organizzate in villaggi autonomi. Se lo svolgimento delle operazioni di voto è stato generalmente regolare, la maggior parte delle operazioni di disturbo (segnalateci anche dagli attivisti locali) è avvenuta fuori dai seggi, con episodi di voto pilotato soprattutto all’interno dei villaggi delle minoranze e di acquisto dei voti.

Il clima del weekend elettorale è stato generalmente caratterizzato da una forte tensione, soprattutto dopo il ritrovamento di circa 350.000 schede clandestine in una stamperia il cui titolare era candidato nelle liste del GERB. Ed è stato singolare, soprattutto agli occhi degli osservatori internazionali, che sia stato proprio Borisov a chiedere all’indomani del voto un annullamento dello scrutinio a causa di questo episodio, motivandolo con un danneggiamento da parte dei media dell’onorabilità del suo partito.

bulgaria

Due sono stati i risultati fuoriusciti dalle urne: una forte astensione (circa la metà degli aventi diritto al voto) e un paese spaccato. Lo scrutinio ha consegnato la vittoria al partito di Borisov con il 30% dei voti, ma ha provocato, di fatto, una situazione di ingovernabilità, con l’assegnazione di una sostanziale parità di seggi al Parlamento tra la destra composta da GERB e Ataka, e la coalizione di sinistra guidata dal BSP (che ha raccolto 26% dei voti) con il partito della minoranza turca. Una vittoria dei conservatori quindi solo apparente, che ha finito per mostrare invece l’isolamento in cui versa il partito di Borisov (il movimento Ataka ha rifiutato ogni forma di accordo politico e una soluzione simile ad un “governissimo” è stata immediatamente scartata da entrambi i fronti).

La soluzione scelta per la formazione di un governo, ancora una volta, è tutta “italiana”: una svolta tecnica con un governo guidato dall’ex ministro delle finanze Plamen Orehasharski, definito dal Financial Times il “Mario Monti bulgaro”, e sostenuto dal Bsp, con alcuni esponenti del partito in ministeri di rilievo.

Con questa scelta la Bulgaria prova quindi a ricondursi su un “binario europeo” ma sarà centrale garantire una collocazione stabile del nuovo governo tra le forze che mirano alla costruzione europea e al superamento della crisi attraverso un programma concreto di crescita e sviluppo economico e sociale. Ma l’impressione, dopo aver visitato questo paese, è che ci sia ancora molto da fare per riportarlo su questa strada. Solo rendendo concreto e vivo il “progetto europeo” si potrà raggiungere una vera e propria svolta in Bulgaria, come in tutta l’Unione europea.

 

Scritto da

M.L. Formisano

- Napoletana, italiana ma soprattutto Europea. Ho studiato a Parigi, laureandomi in Scienze politiche e affari europei, e vivo a Bruxelles da sei anni. Lavoro al Parlamento europeo dove mi occupo di economia, affari costituzionali e cittadinanza europea. Sono attivista del PSE.