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28 Apr 2013

La geografia del nuovo governo Letta


Bersaniani, dalemiani, alfaniani, saggi, tecnici, montiani, ciellini e radicali.  Certificato il fallimento dei tecnici e stroncata sul nascere ogni possibilità di un governo politico forte, il nuovo presidente del consiglio Enrico Letta ha dunque optato per una via di mezzo, attraverso ministri espressione dei partito che appoggiano l’esecutivo, ma senza nessun big e con un occhio attento a rispettare tutte le varie correnti.

Il Partito democratico porta a casa otto ministeri, oltre alla presidenza del consiglio, divisi quasi equamente per soddisfare le varie componenti. La componete bersaniana è presente con il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato e Josefa Idem, ministro alle Pari Opportunità, Sport, Politiche giovani. I renziani invece sono rappresentati da Graziano Delrio, presidente dell’Anci, e storico sostenitore sindaco di Firenze. Anche i dalemiani,  nonostante l’esclusione di Massimo D’Alema a Ministro degli Esteri, incassano un ministero di peso come quello dei Beni Culturali andato a Massimo Bray, ex direttore della rivista “Italiani Europei” e dell’istituto enciclopedia Treccani. Portabandiera della Area Dem e degli ex popolari è  l’ex segretario Dario Franceschini.  Spazio anche ai giovani turchi, con l’ex responsabile del partito alla Giustizia Andrea Orlando,  e ai “lettiani” con Maria Chiara Carrozza, rettore della scuola Superiore Sant’Anna. Di alto valore simbolico, nonché estraneo alla logica delle componenti, è la nomina di Cecile Kyenge, responsabile immigrazione del partito in Emilia Romagna, a ministro per l’integrazione.

 

Molto rappresentato è il PDL anche se, ad eccezione di Alfano, mancano tutti i big del partito. Oltre al segretario ci sono Beatrice Lorenzin alla Salute, Nunzia di Griolamo alle politiche agricole (l’unico nome riconducibile direttamente a Silvio Berlusconi) , Maurizio Lupi alle infrastrutture e Gaetano Quagliariello alle Riforme Costituzionali.

 

Non ha di che lamentarsi anche Scelta Civica che nonostante il deludente risultato elettorale incassa cinque rappresentati nel governo tra cui tre ministri pesantissimi. Anna Maria Cancellieri passa dagli Interni alla Giustizia, mentre Enzo Moavero resta al suo posto di ministro per gli Affari Europei. Promozione di peso per l’ex ministro della Pubblica Amministrazione Filippo Patroni Griffi, nominato sottosegretario alla presidenza. Mauro Mauro invece ricoprirà una casella importante, quella di ministro della Difesa. Piccola soddisfazione anche per l’Udc di Casini che “piazza” Gianpiero D’Alia alla Pubblica amministrazione.

 

Il partito dei saggi. Squadra trasversale e piuttosto nutrita è quella dei saggi caldeggiati dal Giorgio Napolitano. Dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini, nuovo ministro del Lavoro, fino ai montiani Mauro e Moavero alla difesa e agli Affari Europei e a Gaetano Quagliariello, scelto per le Riforme.

 

I Tecnici. La presenza di tecnici nel governo è ovviamente molto ridotta rispetto al governo Monti anche se il dicastero che dovrà amministrare i conti pubblici resta appannaggio di esponenti provenienti dal mondo accademico bocconiano. Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, è infatti il nuovo ministro dell’Economia.

 

Per la prima volta esponenti di Comunione e Liberazione entrano in un governo entrano in un governo con posti ministeriali di peso. La pattuglia di CL è infatti molto nutrita e molto trasversale. Mario Mauro, entrato in quota Scelta Civica rappresenta quell’ala del movimento fondato da Don Giussani ancorata al PPE e che ha abbandonato Berlusconi per seguire Mario Monti come leader dei moderati. Maurizio Lupi incarna invece quell’ala di CL ancora fedele al Cavalieri anche se le sue posizioni si sono molto ammorbidite nel corse dei mesi.

Scritto da

Redazione LPP

- Redazione de La Prima Pietra