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12 Giu 2013

Spiati da chi meno te lo aspetti… le applicazioni sui cellulari

Dopo lo scandalo  NSA-Prism il mondo occidentale si è scoperto schedato.  In un sorta di Grande Fratello virtuale miliardi di dati personali sono stati registrati, accumulati e analizzati senza nessun rispetto della privacy. Eppure il lavoro occulto degli “spioni di stato” non è che la punta dell’iceberg di un fenomeno dalle più vaste proporzioni che può essere definito la più grande operazione di auto schedatura della storia dell’umanità.

angry bridsVolete un esempio? Probabilmente conoscerete il giochino di Angry Birds, l’applicazione in assunto più popolare al mondo scaricata più di un miliardo di volte da appassionati giocatori di tutto il mondo.

Se vi piace questo gioco di sicuro sarete a conoscenza di ogni segreto e avrete familiarità con la voracità  di questi uccelli.  Probabilmente, però, non siete consapevoli di un altro aspetto: la voracità del gioco nel  raccogliere informazioni personali sugli utenti.

In pratica,  in men che non si dica  e senza nessun oscuro sistema alla 007, la società produttrice può accedere ad informazioni sensibili come:  “telefonate, lettura stato e identità del telefono, posizione del dispositivo e  gli account sui social network”. Praticamente le stesse informazioni che erano monitorate dall’intelligence americana! Ma se la CIA spiava milioni di utenti per la sicurezza nazionale che cosa se ne fanno i creatori di Angry Birds dei nostri dati? Andando a spulciare sul sito del produttore del gioco, la finlandese Rovio Entertainment scopriamo sotto la voce privacy che i dati raccolti sono inviati alla società di analisi del mercato sul web Flurry che a sua volta li utilizza per fare campagne marketing e di pubblicità o li rivende a terzi senza essere, bene inteso, minimamente responsabile  “per qualsiasi uso da parte di clienti di tutti i dati forniti”.

Come se non bastasse, e per rendere ancora più inquietante il tutto, la Rovio ci informa, al paragrafo quattro, che se si sceglie di utilizzare Rovio di “Dillo ad un amico” o un servizio simile,  ”alcuni elementi dei Servizi possono essere in grado di connettersi ai siti di social networking per ottenere ulteriori informazioni su di te e sui tuoi amici. Queste informazioni possono includere, nome, immagini del profilo, sesso, ID utente, indirizzo email, il tuo paese, la tua lingua, il fuso orario, le organizzazioni a cui appartieni e link sulla pagina del tuo profilo, i nomi e le immagini del profilo dei tuoi amici e dei siti che segui”.

In una sola parola Rovio può sapere tutto non solo della tua vita, ma anche di quella dei tuoi amici. E cosa accade se non vogliamo fornire tutti i nostri dati? La risposta è semplice:  “si prega di non utilizzare o accedere ai servizi.”

Ovviamente la società finlandese non è l’unica che spinge gli utenti inconsapevoli a barattare la propria privacy in cambio di un servizio. Secondo Jason Hong, professore associato presso l’ Human-Computer Interaction Institute at Carnegie Mellon Universityanche i più apparentemente innocui software, come quelli che trasformano il cellulare in una torcia elettrica, i dizionari e persino quelli che forniscono citazioni bibliche, sono in grado di raccogliere  informazioni personali, quali la posizione dell’utente, il sesso, il numero di identificazione di uno smartphone e in alcuni casi anche le librerie di foto. Per non parlare di applicazioni come WahtsApp capace di monitorare minuto per minuto le attività dei propri clienti.
Al momento  la stringente regolamentazione della privacy non può nulla contro queste società anche se è stata presentata una proposta al Parlamento europeo per permettere ai consumatori di scegliere quali  dati un’ applicazione  può memorizzare senza perdere la capacità di usare il software. Il problema, infatti, come dice il procuratore generale della California  Kamala D. Harris,  è  che  molto spesso “il costo” delle applicazioni gratuite è la propria privacy e fin quando i consumatori avranno “un’utilità difficilmente presteranno la dovuta attenzione ai propri diritti”.

In pratica, seguendo il ragionamento del Procuratore,  se il governo americano avesse dato un qualche giochino in cambio, non ci sarebbe stato nessuno scandalo e nessuno avrebbe tirato in ballo il Grande Fratello di Orwell.

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