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Un pasticcio italo kazako

Ormai  il caso della moglie del dissidente Kazako espulsa frettolosamente dall’Italia sembra aver assunto i contorni di un qualcosa a metà strada tra una spy story e una commedia del grottesco.  Un nuovo “Italian job”, come scritto sui giornali inglesi, che getta una nuova ombra sulla reputazione internazionale del nostro paese. E in effetti in questa storia gli elementi del pasticcio all’italiana ci sono tutti: violazioni dei trattati internazionali, procedure segrete e incerte, ministri “ignari” di quello che fanno i loro sottoposti e refrattari persino a pronunciare la parola dimissioni, versioni contrastanti e improvvisi cambi di marcia del governo, il tutto condito da una dose massiccia di polemiche, strumentalizzazioni e rimpalli di responsabilità.

L'ex oligarca  dissidente Mukthar Abiyazov

L’ex oligarca dissidente Mukthar Abiyazov

Il tutto è iniziato una notte del tra il 28 e il 29 maggio scorso in una villa alla periferia di Roma. Poco dopo le undici, circa 50 agenti di polizia fanno irruzione nell’edificio alla ricerca del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, un ex banchiere di una delle più grandi banche kazake ed ex ministro del presidente Nazarbayev che nel 2011 aveva fondato uno dei pochi partiti di opposizione nel paese e, per questo, era stato condannato a sei anni di carcere per abuso di potere. Dopo dieci mesi di prigione, Ablyazov era riuscito e a rifugiarsi prima a Mosca e poi a Londra portandosi in “dote” un tesoro di circa 5 miliardi di dollari sottratti alla banca BTA e ad alcune società. Un patrimonio occulto talmente ingente da spingere l’Alta Corte di Londra a condannarlo a 22 mesi per truffa internazionale. Prima della sentenza però Ablyazov è riuscito ancora a far perdere le sue tracce. L’ultima volta che è stato visto era a Londra,  su di un pullman alla stazione Victoria, dopo di che è letteralmente sparito.

 

Secondo le informative di un’agenzia di sicurezza, Ablyazov in realtà si trovava proprio nella villa romana, circondato da guardie armate pronte a tutto. Ma al momento dell’irruzione gli agenti della Digos trovano soltanto la moglie Alma

Il contestato passaporto di Alma Shalabayeva

Il contestato passaporto di Alma Shalabayeva

Salabayeva e la loro figlia Alua di 6 anni. La donna mostra ai poliziotti un passaporto della Repubblica Centroafricana dichiarando di godere dell’immunità diplomatica. Per verificarlo, la polizia invia immediatamente un fax al Ministero degli Esteri che stabilisce che il documento è contraffatto. Salabayeva viene quindi arrestata per il reato di immigrazione clandestina e portata al CIE di Ponte Galeria, a Roma. Il 30 maggio la prefettura di Roma firma un decreto di espulsione e Il 31 maggio madre e figlia sono imbarcate su un aereo noleggiato dal governo kazako  con a bordo almeno un suo  diplomatico. Il 5 luglio, infine, il tribunale di Roma stabilisce che il presupposto con cui era stata giustificata l’espulsione non sussiste in quanto il passaporto è autentico.

A questo punto una serie di domande sorgono spontanee: cosa ha giustificato tanta fretta nell’espellere una donna con la figlia di sei anni? Perché invece di un normale volo di linea si è preferito usare un aereo kazako? Chi ha fornito le informazioni sull’ubicazione della villa e sui suoi ospiti? Possibile che i ministri  Alfano e Bonino non ne sapessero nulla? E soprattutto di chi è la responsabilità di un simile comportamento? Al momento è in corso un’indagine interna da parte del capo della polizia Alessandro Pansa e ieri il ministro Alfano ha riferito  sul caso. Il dossier dovrà ricostruire la vicenda per capire come sia stato possibile che si sia prodotto un simile caos. Intanto però, come dimostrano gli attacchi della stampa straniera,  la credibilità dell’Italia è ancora una volta messa in discussione. Quello che colpisce gli osservatori stranieri è in particolare l’anarchia che regna nelle questioni di politica estera italiana. Anche se a noi può sembrare perfino normale, in nessuna grande potenza  corpi dello Stato si smentiscono a vicenda, si rimpallano le responsabilità e agiscono, come anche per il caso dei marò, senza nessun coordinamento. Ma soprattutto quello che risulta davvero incredibile è che un ministro degli interni possa dire senza nessuna vergogna che questa incredibile vicenda è avvenuta “ a sua insaputa”.
Del resto questa posizione, oltre ad essere moralmente inaccettabile, pone un problema politico di prima grandezza. Le cose sono due: o Alfano è l’artefice di questo caos oppure, se non ne sapeva niente, significa che il suo ruolo è molto simile a quello di un bel soprammobile.  Ovviamente la seconda ipotesi è per tutti molto più inquietante. Un grande paese europeo, crocevia del Mediterraneo, dove il capo della sicurezza non controlla gli apparati, è oggettivamente un pericolo.

A tutte queste domande il governo italiano dovrebbe dare delle risposte concrete che, magari, non si limitino al semplice scarico di responsabilità, ma che affrontino il più serio tema della mancanza ormai cronica di una politica internazionale.  Anche perché in tutta questa vicenda ci sono ancora troppi lati oscuri ed il sospetto è che ci siano intrecci internazionali che si svolgono nel nostro paese, inquinandone la democrazia e il diritto dei suoi cittadini a sapere quello che accade realmente.

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