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21 Gen 2012

Benvenuta Ricchezza

di Riccardo Colicchio.
Sicchè è chiaro: il decreto sulle liberalizzazioni in corso di messa a punto dal governo Monti, di improvviso renderà tutti gli italiani meno poveri. Con una solo riforma composta di press’a poco 44 articoli, le nostre tasche saranno finalmente più piene e potremmo concederci di nuovo con gioia al libero consumo, per la soddisfazione nostra e del mondo capitalista. Da ora in poi non saremo stritolati dalle tariffe dei liberi professionisti, concorderemo con loro il preventivo e il resto dei soldi andremo a spenderli in vestiti, cibo e divertimento. Poco importa che nulla o poco cambi in merito ai costi obbligatori della vita quotidiana. Si sa, sono i temibili avvocati, commercialisti, architetti che, finora, ci hanno costretto alla fame. Né tantomeno importa se in fondo nulla o poco viene fatto per quanto riguarda le tariffe delle banche e la tutela del risparmio; se nulla viene disposto in merito alle tariffe dei servizi in concessione (a parte le spiagge) e delle tariffe delle assicurazioni obbligatorie; se nulla viene stabilito in merito alla riduzione della pressione fiscale.
Del resto era ora che queste norme arrivassero a disciplinare un costume ormai consuetudinario per elevarlo così a fonte di diritto di rango primario. Ironia a parte, l’abolizione dei minimi e dei massimi tariffari, in particolari regioni d’Italia (guarda caso il meridione) è qualche cosa già di fatto praticata. Lo impongono le regole di mercato quando l’offerta è ben superiore alla domanda. E al sud in particolar modo l’offerta di laureati che riempiono le fila degli ordini professionali è di gran lunga superiore alle opportunità di lavoro. Se l’abolizione delle tariffe, di fatto dunque già esistente, sia una vera garanzia per il consumatore è un dato per il quale l’esperienza ci restituisce dei dubbi, soprattutto in termini di garanzia della qualità e della professionalità della prestazione e della consapevolezza del consumatore. Ad ogni modo quel che maggiormente infastidisce è il tentativo, come al solito, di rintracciare subito i capri espiatori utili a coprire le vere responsabilità o i veri obblighi di riforma. Probabilmente se la burocrazia funzionasse in maniera più spedita, se i tribunali riuscissero a rendere Giustizia in tempi europei, se la macchina fiscale fosse meno piena di orpelli, il lavoro dei professionisti sarebbe ridotto e le parcelle dovrebbero necessariamente sgonfiarsi. Oggi, secondo il progetto Monti, prima di ogni incarico un avvocato, ad esempio, dovrà concordare un preventivo dei costi con il suo cliente senza purtroppo avere tutti gli elementi idonei a comprendere l’entità e la durata del proprio lavoro. E questo non perché vi è un’innata propensione truffaldina degli appartenenti agli ordini professionali, ma semplicemente perché ci sono numerosi ostacoli allo svolgimento corretto e fluido di una prestazione professionale, la maggior parte dei quali o non sono prevedibili o comunque non dipendono dalla volontà del professionista né concedono allo stesso un potere di intervento. Per continuare a fare un esempio, un giudizio civile dovrebbe durare in media due anni, ma quasi mai tale previsione viene rispettata e quasi mai è possibile fare una previsione certa. Di certo se mai verrà posta in essere una concreta riforma della giustizia, il tasso di imprevedibilità è solo destinato a crescere. E la soluzione non può certo essere aumentare i costi di accesso alla Giustizia per reggere economicamente il sistema e intanto disincentivare il ricorso ad esso. Forse non tutti i cittadini lo sanno ma oggi, prima di ricorrere al Giudice naturale, il cui costo di accesso è stato già notevolmente incrementato, è obbligatorio rivolgersi ad una nuova figura professionale che ha anch’essa un costo senza offrire la certezza di evitare di doversi successivamente rivolgere al Tribunale competente. Insomma per vedere riconosciuti i propri diritti, molto spesso ai costi della legge, bisognerà aggiungere anche i costi della mediazione privata, ed è un obbligo!
Per non sentirsi un po’ fregati ci conviene credere che la riforma delle liberalizzazione sia soltanto un primo passo di una profonda stagione riformista. Tuttavia qualche indizio che non tutti i passi vadano nella stessa direzione già ce lo fornisce la bozza del nuovo testo normativo. Le disposizioni previste per banche ed assicurazioni appaiono veramente di poco conto in termini di risparmio per la collettività. L’art. 34 della bozza di riforma imporrà alle banche l’obbligo di sottoporre due preventivi di polizza assicurativa di garanzia al mutuo, redatti da due distinti gruppi assicurativi. Dunque ecco la garanzia del risparmio: a parte la superfluità della congiunzione “qualora”, giacché ormai le banche concedono il mutuo solo se stipuli la polizza assicurativa (come conditio sine qua non insomma) c’è da chiedersi dov’è il risparmio e soprattutto dov’è il coraggio riformista. Lo avremmo  riconosciuto se ad esempio fosse stato vietato alla banca di subordinare la concessione del mutuo ad un eccesso di garanzia; così magari se già hai chiesto l’iscrizione di ipoteca e il coobligato solidale al pagamento del mutuo, è vietato chiedermi anche di sottoscrivere una polizza di assicurazione. Ma per fare questo bisognava partire non dal basso, ma dall’alto: bisognava partire semmai dal vietare le commistioni tra banche d’affari e banche di risparmio, così magari le banche avevano più liquidità e meno timore a concedere prestiti. Oppure vietare commistioni tra banche ed assicurazioni, così magari gli istituti bancari che intanto sono proprietari di un’assicurazione o di proprietà di un’assicurazione, avrebbero perso interesse commerciale a venderti anche una polizza assicurativa a garanzia del mutuo, la loro polizza molto spesso. Il coraggio riformista lo avremmo semmai riconosciuto nella previsione di una nuova politica edilizia che obblighi a ripristinare il patrimonio immobiliare esistente e non utilizzato al fine di offrirlo al mercato abitativo o stimoli la costruzioni ecosostenibile di nuove unità abitative.  Vuoi vedere che magari funzionano le leggi di mercato e magari scende il costo degli immobili e con esso magari anche il costo del denaro?
Le assicurazioni poi, altro tasto dolente per il portafoglio degli italiani, con la bozza del testo normativo non vedono ridotte le occasioni di abusare di posizioni dominanti o di infrangere i divieti di fare cartello. A quanto pare il preventivo resta l’antidoto: gli intermediari che ci vogliono vendere una polizza RCA obbligatoria saranno tenuti a presentarci almeno tre preventivi dei costi redatti da società appartenenti a gruppi assicurativi diversi. Tutto qui? No, alle società di assicurazione in tema di RCA auto, è sostanzialmente concesso una dilazione nei tempi del risarcimento al fine di consentire loro di accertare se la richiesta è vera o è un truffa. Chissà perché abbiamo la sensazione che  useranno a proprio piacimento questo potere, facendo di tutta un erba un fascio, al fine di procrastinare i pagamenti, anche quelli dovuti. Ci sarebbe piaciuto invece leggere tra le norme della bozza qualche cosa di più ardito: magari che se sei una società che agisci per la erogazione di servizio obbligatorio tipo la RCA devi adoperarti per il ribasso delle tariffe, ma non puoi superare le tariffe massime imposte per legge. Sarebbe anche una norma tesa a stabilire un’eguaglianza ed equità sociale, sostantivi così tanto osannati. Ridurrebbe quell’enorme gap economico tra cittadini del sud e cittadini del nord, dove assicurare una vettura o un ciclomotore può arrivare a costare fino ad un quinto di quanto la si paga nelle parte meno produttiva del paese.
Ma ancora una volta torna il sospetto che partire dal basso, in casi come questi, significhi non riuscire a rinunciare ad appartenere ad un sistema culturale prima ancora che politico ed economico. Il sistema culturale del profitto ad ogni costo. Negli Stati Uniti d’America, patria di quel capitalismo in cui il governo e i suoi professori hanno riempito il loro bagaglio culturale, sono in atto studi che però vanno in controtendenza culturale e tendono ad individuare Benefit Corporation, ovvero società per azioni il cui statuto sociale e ragion d’essere sia diversa dal profitto, poiché operano in aree economiche che allo stesso tempo sono contenitori di diritti essenziali della collettività. Si pensi all’ambiente, l’edilizia popolare, alcuni settori del consumo. Sarebbe ora di cominciare a ragionarci anche da queste parti: a ragionare dunque sulla possibilità di sottrarre alcuni settori del mercato all’idea del profitto a tutti i costi e ciò perché in quei settori esiste una prevalenza di diritti essenziali della collettività. Se continua a mancare questa volontà il sospetto rischia di diventare certezza che gli strumenti culturali a disposizione degli anziani accademici non consentano loro di comprendere l’entità del cambiamento, la necessità del cambiamento. Conducendoli pertanto a ridotte azioni di tamponamento che, a ben vedere, poco incidono sulle concentrazioni di potere che si ripercuotono sulle nostre tasche.
A questo punto non resta che aspettare, guardare il cammino intrapreso per capire alla fine se è riuscito a raggiungere l’agognata meta della Riforma Epocale; tuttavia, guardando i primi passi, forse per colpa del sospetto, forse per necessità di partecipazione, qualche suggerimento di direzione è proprio il caso di fornirlo.

Scritto da

Riccardo Colicchio

- In equilibrio tra diritti e note musicali, mi appassiona la costante ricerca di un punto di incontro tra anime diverse. Un esercizio che appartiene prima di tutto al mondo interiore, ma che allena alla costruzione di una società armonica e democratica, patria di tutte le diverse anime che la abitano. Ed intanto imparo a dialogare con gli innumerevoli volti della verità!

  • http://fb An Tram

    E’ evidente che ciascuno conosce bene il proprio ambito professionale e, dunque il positivo ed il negativo che se ne riceve dalle riforme di questo esecutivo tecnico. A voler generalizzare, evitando di sottolineare il trattamento riservato-toutcourt- a pensionati e pensionandi, viene da sintetizzare che ai bocconiani piace vincere facile. Alla gente comune, invece, piace poco sentirsi considerata alla stregua di un fantasma, soprattutto quando si ha la certezza che tanto le diagnosi quanto le terapie fin qui adottate non porteranno a nulla di buono.

    • http://fb An Tram

      E’ evidente che ciascuno conosce bene il proprio ambito professionale e, dunque il positivo ed il negativo che se ne riceve dalle riforme di questo esecutivo tecnico. A voler generalizzare, evitando di sottolineare il trattamento riservato-toutcourt- a pensionati e pensionandi, viene da sintetizzare che ai bocconiani piace vincere facile. Alla gente comune, invece, piace poco sentirsi considerata alla stregua di un fantasma, soprattutto quando si ha la certezza che tanto le diagnosi quanto le terapie fin qui adottate non porteranno a nulla di buono.