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14 Dic 2012

Lo Spread ci interessa?

“Lo spread è un imbroglio e un’invenzione con cui si è cercato di abbattere una maggioranza votata dagli italiani e che governava il paese. Prima non ne avevamo mai sentito parlare, se ne parla solo da un anno, e cosa ce ne importa?”. Queste le parole di Berlusconi a Mattino 5 durante un intervista con Belpietro.

Sembra che l’ex premier viva fuori dal mondo e non capisca quali siano le implicazioni di un differenziale tra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi.

Lo spread altro non è che il differenziale tra il tasso di rendimento di un’obbligazione e quello di un altro titolo preso a riferimento (bond tedesco), e nella realtà si rappresenta una misura del rischio finanziario associato all’investimento nei titoli (quanto maggiore è lo spread, tanto maggiore è il rischio connesso all’acquisto di titoli) ed è una misura della fiducia degli investitori nell’acquisto dei titoli: maggiore è lo spread minore è tale fiducia.

Nel corso del 2011 la composizione dei Titoli di stato italiani era la seguente Per un totale complessivo di 1.586 mila miliardi di Euro.

In cosa si concretizza un maggiore spread? In termini molto semplici in maggiori interessi che il nostro paese paga annualmente sul totale dei titoli di stato emessi, di conseguenza la nostra spesa pubblica tenderebbe ad aumentare e quindi dovrebbe aumentare il prelievo fiscale per far fronte a tale variazione. Quindi lo spread non è qualcosa di non percepibile ma anzi si sostanzia in una sorta di “mano invisibile” che viene a prelevare denaro dalle nostre tasche quotidianamente.

Quindi se il differenziale per esempio aumenta di soli 60 punti (come avvenuto a valle delle dichiarazioni dell’ex premier di voler ricandidarsi alle nuove elezioni) in maniera strutturale, cioè in modo stabile, e per la durata di 1 anno, facendo una stima in base alle emissioni di titoli del 2011 (che sono pari a 440 mila milioni di Euro) si verificherebbe un aumento di costi per interesse da parte dello stato di circa 2,6 Mld di Euro per l’anno successivo e di circa 1 Mld per i nove anni successivi (questo dipende dalla composizione dei titoli e quindi rappresenta un valore ponderato).

Quindi la conseguenza diretta dell’aumento dello spread è quello di rendere ancora più difficile il rientro del debito in quanto il monte interessi continua a crescere ( cioè la quota che lo Stato paga per l’acquisto del debito) il che distoglie le risicate risorse finanziare per elaborare eventuali politiche di sviluppo.

Altre conseguenze di un innalzamento dello spread, per fare un esempi facilmente tangibili, sono:

  • aumento dei tassi dei mutui e che si riflette con conseguenze negative non solo sull’andamento del mercato immobiliare;
  • aumento del costo della raccolta per le banche italiane che spinge le stesse a scaricare l’aggravio sui clienti (è problema di liquidità: gli istituti finanziari non trovano più il denaro o lo trovano a condizioni tali che ne rendono antieconomico l’impiego ed inoltre si verifica una restrizione delle condizioni creditizie per le imprese).

Oltre a ciò, come già espresso sopra, un aumento dello spread si concretizza in minore fiducia nel nostro paese con la conseguenza di ricevere minori investimenti privati stranieri e quindi, in ultima analisi,  anche in minor crescita.

Sono tutte conseguenze che nessuno auspicherebbe al proprio paese, quindi l’attenzione che in questi mesi è stata riposta sulla “tenuta” dello spread risulta tutt’altro che malsana e, da qualsiasi prospettiva si analizzi l’aumento dello spread si traduce in minori possibilità di uscire dalla crisi.

Scritto da

Luigi Cristiani

- Economista e appassionato di tutta la letteratura economica da Smith a Marx, da Keynes a von Hayek, da Modigliani a Friedman. Amo i fumetti della Marvel (Spider-Man, The Avengers, Fantastic Four, X-Men), lo squash, il tennis e il basket. Patito per il Napoli