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27 Mar 2014

La France n’est pas douce pour le Socialistes et la Gauche

elections-2014

«Per chi ama le cose chiare il risultato delle elezioni municipali francesi semplifica la vita. Il PS è stato sconfitto e in modo cocente anche se il 30 Marzo potrebbe limitare i danni, con alleanze per il secondo turno  con EELV (Ecologisti Europei-I Verdi) e il Front de la Gauche. Con i primi è più facile, poiché erano già alleati alle legislative. L’apporto ecologista, tra l’altro, appare più consistente di quello del FdG. A Parigi l’EELV 8,86% > 4,94% FdG, lo stesso a Lione, anche se con scarto più ridotto 8,9%>7,56%. Nelle grandi città fa eccezione Marsiglia perché PS e EELV si sono presentati uniti con Patrick Mennucci fin dal primo turno con un risultato rovesciato rispetti alle precisioni: un miserabile 20,77%, che lo colloca al terzo posto, dietro il Sindaco uscente di destra,  J. C. Gaudin (37,64%) e il candidato FN (23,16%). A Parigi la sinistra (PS-EELV-FdG) supera di poco il 48% a fronte di un 43% del blocco di destra, a Lione l’inossidabile Collomb conta sul 52,22 al primo turno ed è favorito dalla triangolare. Gli elettori del FN non fanno tattica e non hanno interesse a favorire la destra e quindi si manterranno alle 229 triangolari di città medie ed importanti cui sono stati ammessi per la prima volta. In 17 città superiori ai 10.000 abitanti il FN è il primo partito. In termini di voti assoluti la vittoria del FN è oscurata dal fatto che si è presentato nella minoranza delle municipali, in quanto è ancor un voto di opinione e non è strutturato  diffusamente sul territorio.

Queste municipali saranno l’avvio di un maggiore radicamento. Il Partito Socialista ha sempre avuto nei municipi i suoi bastioni anche quando era in difficoltà sul piano nazionale, per questo è una sconfitta, che colpisce il Partito nel cuore. La sconfitta era messa in conto, ma non la sua dimensione: è la Presidenza Hollande  e le delusioni seguite alla sua trionfale elezione  del 2012, che gli elettori hanno punito in 2 modi, con l’aumento dell’astensione, raddoppiata in 30 anni dal 1 su 5 del 1983 ai 2 su 5 di quest’anno( 38,7%), cioè un 5%  in più di quando erano 1 su 3 nel 2008 e con il voto al FN. Nel panorama delle sconfitte alcune sono simboliche. Le Monde si apre con una foto di Marine Le Pen, presidente del FN e Steeve Briois, segretario generale del FN, candidato sindaco eletto al primo turno a Hénin- Beaumont. Questa cittadina del Nord Pas de Calais, una delle culle del movimento operaio e socialista, dal 1919 al 1940 ha sempre avuto uno stesso sindaco della SFIO e  nel dopoguerra, dopo una breve parentesi PCF, sempre sindaci PS o d’unione di sinistra. In questo caso è evidente che vi è stato un trasferimento diretto di voti dalla sinistra al FN. Già alle presidenziali la Le Pen aveva detto che la divisione non era destra sinistra, che non ha più senso, ma tra i privilegiati che si riconoscono nel Partito unico al potere UMPS (UMP+PS), che si alternano per fare le stesse politiche dettate dall’Europa e figli altri.

Dopo le municipali ha rafforzato il concetto che la divisione passa tra il basso e l’alto, cioè chi è colpito dalla crisi in maniera più dura  Alcune cifre: 391 sono le città che hanno eletto il sindaco al primo turni, di queste 139 alla sinistra, 250 alla destra e 2 al FN. 27 città hanno cambiato maggioranza, di cui 24 da sinistra a destra, appena 3 in senso contrario, ma poco significative, 2 sono oltremare in Guadalupa  Nelle città con oltre 10.000 abitanti la destra ottiene il 45,9%(45,5% nel 2008) , l’estrema destra 9,2%( 0,7% 2008), la sinistra 41,4%( 45,5% 2008) e l’estrema sinistra 1,3%( 1,5% 2008). La destra non vince  per meriti suoi e considerata la minore partecipazione elettorale è praticamente certo che abbia perso in voti assoluti. L’altro dato è che le perdite della sinistra non vanno all’estrema sinistra, che perde in percentuale e quindi in voti assoluti. Una situazione spagnola dove le perdite del PSOE sono andate in minima parte a Izquierda Unida e il PP ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi perdendo voti. Nel 2009 in Germania federale le perdite della SPD solo per un terzo si distribuirono tra Linke e Verdi, il resto nell’astensione. L’astensione è il dato che  ha caratterizzato anche i voti raccolti dall’Ulivo nel 1996 e quelli delle elezioni successive: un problema non solo quantitativo ma qualitativo, se l’astensione dal voto è percentualmente  più alta tra i giovani e le classi popolari. Nel 2013 in Italia alla Camera votarono soltanto 500.000 elettori in più  del Senato, benché sulla carta ci fossero 4 milioni e mezzo di elettori in più: la classe età 18-24  anni non è andata a votare. Il bipolarismo in Francia, se non è morto con questi risultati, è entrato in agonia: i collegi uninominali con ballottaggio eventuale non assicurano un effetto maggioritario, se le triangolari diventassero la regola. Nel 2012 sono state appena 46 su 577 seggi, meno del 8%, in Italia con i risultati 2013 sarebbero la regola e  non sarebbero escluse quadrangolari nelle zone pedemontane del Nord Italia.

Con l’Italicum si cerca di mettere le briglie agli elettori o le mutande alla politica: se non ha effetto è una sconfitta per chi lo propone, se ha effetto rimanda solo nel tempo la disaffezione verso le istituzioni e quindi la democrazia. Se aumenta la crisi economica, politica e sociale avere una maggioranza artificiale dei seggi  non serve a nulla a meno di ricorrere a poteri speciali per reprimere il disagio sociale. La sensazione che le arti più svantaggiate della società non siano più rappresentate nelle istituzioni è un spinta verso i partiti fuori sistema, che sono i più vari dal FN al Blocco Fiammingo, dall’UKIP a i Veri Finlandesi per finire al M5S, che è meglio che se la protesta fosse rappresentata da Fratelli d’Italia Forza Nuova. La riduzione  del numero dei rappresentanti elettivi e i sistemi maggioritari semplificano solo apparentemente il sistema politico, tanto più se di accompagnano alla demagogia dell’anti-politica interpretata da figure istituzionali. Matteo Renzi sottovaluta l’effetto devastante di caratterizzare l’abolizione delle Province con “ abbiamo tolto l’indennità a 3.000 politici”, come aveva giustificato l’abolizione del Senato con un risparmio di un miliardo di Euro. Se sono questi i risparmi aboliamo la Camera che ne costa 2, ovvero Camera e Senato così se ne risparmiano 3 forse 4 di miliardi.  Il rafforzamento degli esecutivi e la riduzione dei  poteri dei Parlamenti e delle assemblee elettive sono strettamente collegate al capitalismo  finanziario, che non ha bisogno della Stato se non nel senso che non ci siano poteri pubblici, che possano regolare i mercati o porre freni al libero movimento dei capitali. Per la loro libertà gli interlocutori pubblici devono essere ridotti di numero e quindi più facilmente influenzabili , controllabili se non corruttibili. I governi sono più direttamente dipendenti dai voti delle agenzie di rating, quando il sistema mediatico amplifica le loro valutazioni. La democrazia è in pericolo e la sinistra che fa? Interessante è notare che mentre si cerca di far passare il messaggio che la distinzione sinistra destra non c’è più  in un coro a più voci dove cantano sia Marine Le Pen, che Massimo Cacciari, a sinistra con forza si sostiene che di sinistre ce ne sono addirittura 2 ovviamente una, la propria,  è quella vera e quella degli altri è la falsa sinistra. Il tutto in assenza di un’analisi delle classi sociali e del modello di società cui si aspira e dei mutamenti introdotti dalla finanziarizzazione del capitalismo. Continuiamo così e delle 2 sinistre 2 fra un po’ non ne rimarrà nemmeno una.

Scritto da

Felice Besostri

- Nato il 23 aprile 1944 a Zevio e dal 1993 ho doppia nazionalità, Italiana e Svizzera, per aver sposato una cittadina svizzera. Sono un avvocato amministrativista, docente di Diritto Pubblico Comparato e Presidente di Rete Socialista - Socialismo Europeo.