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18 Gen 2014

I temi etici e l’agenda del governo

temi eticiI temi etici, “eticamente sensibili”, come si dice, hanno un disgraziato destino nel nostro Paese. E non perché non abbiano una base sociale “matura” ben più ampia degli schieramenti partitici. Anzi sono probabilmente gli unici temi che godono, nel Paese reale, di “larghe intese” naturali, per soluzioni affidate al buon senso, a un diffuso sentire comune che si è da tempo lasciato alle spalle trincee ideologiche, incapaci di vedere nuovi valori e nuove sensibilità nelle relazioni sociali; o più propriamente il necessario aggiornamento di quel perenne valore che è la solidarietà umana verso ciò che prova e sente il proprio simile. Anche perché sono tra i pochi temi che una politica decente potrebbe affrontare anche in tempi di stringenti vincoli economici, non esigendo significative “coperture di spesa”, o non esigendone affatto, come invece altri indifferibili temi legislativi in materia economica o di struttura sociale. E invece hanno un destino disgraziato, proprio per il loro alto valore simbolico, da decenni usato dalla politica italiana a fini interni del quadro politico, e non come domande sociali cui dar risposta in modo maturo e condiviso, come ormai, se si volesse, pur si potrebbe. La scorsa legislatura è stata esemplare in negativo in questo senso. Unioni civili, migranti, fine vita sono stati bandierine di posizionamento politico ed elettorale tra schieramenti; e nello stesso schieramento, e magari partito, tra questa e quella componente o fazione, per ragioni che niente avevano a che fare con la materia a contendere. Una legislatura su questo terreno potentemente di malafede. Persino sul “fine vita”, le dichiarazioni anticipate di trattamento, dove una cornice valoriale condivisa si andava profilando, hanno avuto la meglio le pseudo ragioni della peggiore politica di “posizionamento”.

Sarebbe davvero una novità se in questo inizio (o fine?) di legislatura i temi etici non fossero usati alla stessa maniera strumentale, per ottenere non una loro soluzione, ma una soluzione per altre questioni che con essi hanno poco a che fare. Ed è qualcosa, che, se si volesse, si potrebbe fare, allargando persino nelle soluzioni legislative la maggioranza di governo. Il problema è appunto volerlo. Comincio dal “fine vita”. Basterebbe riprendere la soluzione che aveva trovato il consenso più largo in aula nella scorsa legislatura, affidando al dialogo al letto del malato tra familiari, fiduciario e medici, l’interpretazione rispettosa – e non una semplice esecuzioni “testamentaria” – delle sue volontà espresse, per trovare una soluzione politicamente sostenibile e socialmente condivisa.
unioni civiliSulle unioni civili basterebbe riconoscere il diritto a una piena tutela giuridica delle coppie omosessuali
, senza “stressare” questa sacrosanta esigenza di diritti civili nella pretesa di un’omologazione ideologica all’istituto del “matrimonio”, per poterne venire a capo senza collidere con ragionevoli riserve a questa equiparazione che non sono solo di ispirazione religiosa. Chi scrive, ha potuto argomentare in questo senso già diverso tempo fa su L’Osservatore Romano; e chi segua l’aggiornamento in atto su questa materia nelle posizioni della Chiesa sa bene che non può usarle per farsi “benedire” la volontà (sua) di “non negoziare”. I tempi dei teocon e dei   teodem sono fortunatamente finiti. Sui migranti e sullo ius soli, già passi avanti si erano fatti nella scorsa legislatura, e basterebbe riprenderli con il “cuore aperto”, e non le frontiere semplicisticamente aperte, cui ci sollecita Papa Francesco, per trovare, soluzioni moralmente socialmente e politicamente sostenibili, su cui richiamare l’Europa alla sua corresponsabilità.

Insomma, se si vuole, si può fare. Se poi non si vuol fare, o si vuol dimostrare che non si può fare con questa legislatura, allora tanto vale non bruciare queste bandiere di civiltà nel falò delle vanità della politica. Paradossalmente sono temi che potrebbero ricevere soddisfacenti risposte anche in una legislatura cui, per altre ragioni, si valutasse dover far chiudere i propri battenti ben prima del 2015. Ma non si usi questi temi per “chiudere”. Non userò l’espressione “gli italiani non capirebbero”. Sarebbe la “moralità” della politica a non capire. Per chi ovviamente è a essa interessato.

Scritto da

Eugenio Mazzarella

- Eugenio Mazzarella, napoletano, insegna filosofia all'università "Federico II", della cui Facoltà di Lettere è stato preside. Sui interventi su temi etici e culturali sono frequentemente ospitati su diverse testate nazionali. Collabora a Il Mattino. Deputato del Pd nella XVI legislatura.