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4 Mag 2012

Toglieteci tutto, ma non le super pensioni dei manager pubblici

Di Fulvio Tudisco
In questi giorni nel nostro paese aleggia l’ennesima formula magica capace finalmente di risolvere tutti i mali: spending review. Con queste due miracolose paroline inglesi s’intende l’analisi della spesa pubblica  e il recupero, tagliando sprechi qua e la, di una cifra sufficiente a scongiurare in autunno l’aumento di 2 punti dell’IVA che equivarrebbe ad assestare il definitivo colpo di grazia ai consumatori. Per rendere efficiente questa operazione, il governo dei super tecnici ha deciso di affidarsi alle sapienti mani di altri tecnici (insomma una sorta di “tecnici dei tecnici”). Quale commissario alla Revisione della Spesa dello Stato italiano il premier ha scelto uno che di risanamento di imprese in crisi se ne intende: Enrico Bondi. Il super manager (ha iniziato la sua carriera di “risanatore” prima in Montedison e poi, dopo il crack del 2003, nel gruppo Parmalat) avrà totale carta bianca per stanare tutti gli sprechi possibili. Potrà inviare i suoi tecnici (la parola va molto di moda ultimamente) nelle stanze dei ministeri per chiedere conto di ogni spesa, potrà disporre degli 007 della Ragioneria dello Stato per controllare bilanci anche di autorità indipendenti e infine potrà “invitare” i governatori a rivedere le spese anomale delle Regioni.
C’è da scommettere che il “tecnico dei tecnici” avrà molto da fare nei prossimi mesi. Anche se trovare un paio di miliardi di euro nel paese degli sprechi non è una missione all’apparenza impossibile. Su quali saranno i settori sottoposti a sforbiciate per ora regna il più assoluto riserbo anche perché non appena saputo dell’intenzione di Monti di rivedere la spesa già si sono levati i distinguo dei vari partiti. “Nessun tocchi i carabinieri”, ha tuonato Gasparri, “nessun taglio all’istruzione” gli ha fatto eco Bersani. L’unico che per il momento tace è il sempre entusiasta Casini, pronto a votare qualsiasi cosa. Dal canto suo Monti sa bene come scontentare tutti i partiti della sua variegata maggioranza. A quanto pare sia l’istruzione che la sicurezza subiranno massici tagli con blocchi delle assunzioni, meno sedi centrali e periferiche e meno dirigenti.  Ben coscio della grana in cui si è andato a cacciare, il governo, dopo aver chiamato in soccorso Enrico Bondi, ha deciso di chiedere ai cittadini di indicare sul web quali sono i maggiori sprechi italiani (ma non ci vuole un indovino per immaginare che  99,9% risponderà Montecitorio).
La cosa paradossale è che mentre veniva annunciata la spendig review, al Senato si discuteva della proposta del governo di difendere le pensioni d’oro dei super manager,  ovvero del più significativo esempio di tutti quei lavoratori che senza una lauta pensione non avrebbero di che vivere. Basti pensare che Antonio Mastropasqua, presidente dell’Inps porta a casa oltre 1 milione di euro all’anno e che Attilio Befera, presidente di Equitalia,  ha uno stipendio pari a quello del presidente Obama. Se non fosse stato per un emendamento dell’IDV, a cui si sono aggiunti i voti della Lega e del PDL, i supermanager si sarebbero assicurati quindi anche una super pensione. Ma nel frattempo cosa ha fatto il PD, il maggior partito della sinistra italiana? Semplicemente ha deciso di votare compatto (con la sola eccezione di sette deputati) a favore della linea del governo. Quello che più stupisce non è soltanto l’enorme incoerenza del partito di Bersani, l’abbandono di ogni velleità di fare politiche di sinistra e la sua totale distanza dai sentimenti del paese, cosa a cui purtroppo siamo abituati, quanto la totale mancanza di una benché minima furbizia politica.  Non è difficile immaginare che la scelta del PDL sia dettata non tanto dallo sdegno verso una norma che protegge chi ha già tanto, quanto l’aver fiutato che tutelare le pensioni d’oro mentre si impongono pesanti sacrifici agli italiani è il modo migliore per diventare il simbolo vivente della Casta. E così tutti i partiti hanno giocato un simpatico scherzetto al  fedele PD che si è trovato da solo, anzi in buona compagnia degli yesman del Terzo Polo, con il cerino in mano. Ultimi giapponesi a difendere senza se e senza ma la politica dei super tecnici in un paese ormai sempre più stanco di tagli, tasse e privilegi.

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